Le mani lunghe

pubblicato da Giulia martedì, Marzo 13, 2007 18:18
Aggiunto alla categoria Sono fatti miei

Adesso mi è passata un po’ la rabbia.

Primo pomeriggio di oggi, cammino lungo via Nazionale con Chiara. Siamo appena state a pranzo insieme, è una giornata di sole glorioso, sono uscita addirittura con la giacca da mezza stagione. Al sole si sta benissimo, viene voglia di camminare, e infatti mi sono messa scarpe comode, progettando di farmi una passeggiata. Passiamo accanto a una panchina, su cui sono seduti stretti stretti tre o quattro uomini – non li conto – piuttosto male in arnese.

Non so se vedo prima la mano, o la sento atterrare sulla parte alta della coscia, proprio sotto il culo, dove forse mirava. Mi giro come una vipera, e loro, i tre-quattro che neanche hanno un volto da quanto sono furiosa, si ritraggono sorpresi. “Ma come cazzo ti permetti? Ma ti conosco? Vergognati, merda!”
Il colpevole biascica sillabe che non comprendo, i suoi vicini ridacchiano.

Mi allontano schiumando. Guardo l’anello che ho sulla mano sinistra, uno di quegli anelli d’acciaio e smalto, che a prenderseli su un labbro e contro i denti devono fare male parecchio. Peccato non essere mancina, peccato non avere l’istinto di mollare un manrovescio. “Dovrei chiamare i carabinieri” ruggisco.
“C’è la polizia, qui, in piazza Repubblica” mi fa notare Chiara, accennando al cellulare posteggiato nello slargo davanti a noi. La lascio andare a prendere la metro, poi punto verso i vigili. Spiego che qualche metro più in giù c’è un gruppo di uomini che mette le mani addosso alle ragazze che passano. I vigili mi rimbalzano alla polizia. Rifaccio la mia spiegazione.

“Signora, se vuole può denunciarli. Se lei non li denuncia, non possiamo fare niente: è lei ad avere il coltello dalla parte del manico. Li denunci. Altrimenti lo rifaranno con altre donne.”

E’ a questo punto che capisco che quella che provo non è più solo rabbia, è paura. Paura delle conseguenze del mio gesto: la vocina che mi parla nella testa dice eddai, che vuoi che sia una pacca sul culo. La vocina che mi parla nella testa fa a botte con la vocina, sempre più flebile, che protesta ma cazzo, veramente te ne vai senza avergli fatto passare un brutto quarto d’ora, a queste tre-quattro merde?
Nel frattempo, un paio di poliziotti si fanno un giro per vedere in faccia i molestatori. Quando capiscono che probabilmente erano stranieri, attaccano con la solita litania: “Li butterei tutti in mezzo al traffico, questi.” “Gli darei fuoco, a tutti.” Registro, in cima alla rabbia e alla paura, una certa irritazione per aver dato benzina al loro fascismo. “Sarebbe comodo che fossero solo gli stranieri, ad infastidire le ragazze per strada” faccio presente “ma mi capita più facilmente di essere importunata dagli italiani.”
Mi invitano ancora una volta a sporgere denuncia. Di nuovo paura. “Secondo voi, per una pacca sulla gamba gli fanno qualcosa, a questi? Siamo in Italia. Una pacca sulla gamba non conta neanche come molestia.”
Mi danno ragione, ma non ho ragione. Non ho ragione per niente.

Mi infilo nella metropolitana, dimenticando il proposito di camminare fino alla fermata del tram vicino a Termini. Sono un ingorgo di emozioni confuse, stomaco chiuso, rabbia verso quello della pacca, rabbia verso i suoi compagnucci di merende che ridevano, rabbia verso me stessa che non ho voluto fare denuncia, non ho voluto tornare indietro per additarli con certezza, farli cazziare come si deve, se non proprio denunciarli. Per paura. Per sfiducia. Per timore, in fondo, di esagerare: anche se sapevo che esagerazione un cazzo, quelli a me hanno messo una mano addosso in mezzo alla strada e in pieno giorno, a un’altra forse – una sera che sono sbronzi, e lei è sola – chissà cosa possono fare. Cosa ne so io, di quello che passa per lo sparso cervello di un bifolco che, solo perché ero a tiro, ha pensato di potermi palpare. Sarò mica una persona, io, per lui? Sarà mica una persona, la prossima che gli capita abbastanza vicino da piazzare la sua zampa su di lei? E come reagirà, strillerà come ho fatto io, o si allontanerà infastidita e vergognosa?

La rabbia mi è un po’ passata. La vergogna, mica tanto.

Commenti e ping chiusi.

2 commenti to “Le mani lunghe”

  1. » Che c’è di male? says:

    Luglio 15th, 2007 at 1:39

    […] Su Sorelle d’Italia capita spesso di ricevere commenti che deplorano, di volta in volta, il fatto che ci si lamenti dello stato delle cose, o che si tenti di rivendicare dei diritti: sulla base del fatto che in fondo a noi donne le cose vanno fin troppo bene, che siamo “privilegiate” (dove, e in cosa, esattamente?), e che non bisognerebbe dare importanza a “certe cose”. Su questo stesso blog, nelle occasioni in cui ho parlato della mia antipatia per i lumaconi da strada (per tacer della volta in cui ho raccontato della pacca sul culo) non sono stati pochi gli apologisti del complimento molesto o financo della suddetta pacca sul culo. Se è vero che i commenti su un blog non sono lo specchio del paese reale, è anche vero che nel piccolo campione da me sondato esistono tracce evidenti e preoccupanti dell’accettazione supina di un malcostume rampante. Di una maleducazione, si può dire, nel senso di scarsa educazione al rispetto (di sé e degli altri) e alla parità. […]

  2. manu says:

    Gennaio 4th, 2010 at 7:10

    ciao
    sono finita su questa pagina per caso, cercando riscontri riguardo una brutta esperienza che ho avuto oggi pomeriggio:
    stavo rientrando a casa (incappottata fino al naso, dato il freddo polare), e mi ero fermata a guardare una vetrina, quando un vecchio laido, sui 60, passando mi infila una mano fra le natiche. Solo a ripensarci mi sale il sangue alla testa. Mi giro e urlo: “ma come ti permetti?? gran figlio di puttana!!”
    lui nemmeno si gira. Nessuno si gira. 
    Per giunta, quel gran pezzo di merda faceva la mia stessa strada, che per altro è un po’ isolata. Non so che fare. Sono sola, e non mi sento di inseguirlo per dargli una sberla, eppure devo percorrere proprio la quella strada… 
    insomma, aspetto che si allontani per andare verso casa e.. lo vedo entrare nel portone del mio palazzo!! come se non bastasse, il cortile interno è molto buio e isolato, non c’è più il portiere e mi scopro ad avere paura di incontrarlo. Rimango così per svariati minuti, senza poter entrare nel palazzo, piena di rabbia e senza sapere cosa fare.
    Ora scopo che una cosa del genere non è nemmeno punibile per legge, e la rabbia può solo aumentare.