Sciami di porci in volo

pubblicato da Giulia lunedì, Marzo 12, 2007 13:07
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Leggevo l’intervista del Corriere a Lidia Ravera, autrice (con Marco Lombardo Radice) di Porci con le ali, testo – letteralmente – seminale della rivoluzione sessuale in Italia. In cui le si domanda – un po’ assurdamente – di dare un giudizio e tracciare un paragone fra Rocco, il protagonista maschile del romanzo, e Step nell’interpretazione di Riccardo Scamarcio, leading man di Tre metri sopra il cielo (o 3MSC) e Ho voglia di te (acronimo non pervenuto). La stessa Ravera sembra perplessa dal parallelismo. “A Rocco non sarebbe mai potuto venire in mente di andare a chiudere un lucchetto a Ponte Milvio per giurarsi fedeltà eterna con Antonia” fa presente.

Che fretta ci sia di collegare fra loro due personaggi così distanti, non si sa. Al di là delle inclinazioni politiche – se si fossero incontrati negli anni ’70, Rocco e Step si sarebbero menati; esattamente come in gioventù si menavano, mi è stato riportato, Moccia e il fidanzato di una persona che conosco – Lidia Ravera fa giustamente presente che Rocco è e rimane un personaggio di finzione nato dalle esperienze dirette di Marco Lombardo Radice, mentre Step/Scamarcio è l’emanazione depurata di ogni colorazione politica evidente di una fantasia che non gli appartiene direttamente. Rocco non ha mai avuto un’incarnazione terrena degna di culto ormonale: esiste, sì, un film tratto dal libro, ma ho dovuto cercarlo su Google.

Gli anni ’70 del sesso libero sono stati digeriti, ruminati, nuovamente digeriti e risputati. I tredici-quattordicenni che ora si smanacciano senza cognizione di causa, senza conoscere il funzionamento dei loro corpi e senza uno straccio di collettivo autogestito dove farselo spiegare (o un consultorio a portata di mano dove incontrare un’ostetrica o una ginecologa che dia loro le necessarie spiegazioni e il dovuto equipaggiamento) lo fanno quasi con la stessa clandestina ansia dei loro nonni. Su di loro incombe non solo il rischio della gravidanza, che non sanno assolutamente come evitare, ma anche quello delle malattie. Le ragazze temono lo stigma sociale della loro sperimentazione (“E se pensa che sono una troia?”), i ragazzi no, ma questa non è una novità.

Il sottoprodotto di questa nuova tensione sembra essere un ritorno in pompa magna del romanticismo. Anche e soprattutto quello stucchevole, scritto alla buona e bi-dimensionale che fa giurare eterno amore ad ogni coppia di adolescenti infoiati, confondendo gli estrogeni con il desiderio e l’innamoramento. L’80% delle coppie che ha depositato un lucchetto a Ponte Milvio si è già bella che dissolta: chissà se si sono ri-lucchettati con il partner seguente, sotto l’effetto dell’amnesia causata da ogni nuova infatuazione, o se hanno già capito che l’amore è deciduo. L’innamoramento, del resto, è sempre ottimista.

Rocco e Antonia erano diversi. Non cercavano l’amore, ma se stessi, e nel mezzo erano impegnati a capire se il mondo si potesse cambiare. L’amore , nei racconti di quegli anni li ha vissuti, era un sottoprodotto di questa ricerca, una scoperta quasi incidentale, che poteva dare sofferenza, era pericolosa e ingombrante, ma forse più bella e significativa perché incontrata senza l’ansia di imitare il modello della commedia romantica americana. Rocco non è e non sarà mai un eroe romantico tremetrisoprailcielo, non lo era per le ragazze degli anni settanta e non potrebbe esserlo per le ragazze del duemila, che dando per scontato di potersi accoppiare devono inventarsi nuovi modi per rendere l’accoppiamento significativo. Peccato che i modi siano quelli delle ragazze degli anni cinquanta: romanzetti rosa, svenevolezze, deliqui e una totale, disperata ignoranza.

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