Un altro inverno a Pordenone
pubblicato da Giulia mercoledì, Ottobre 27, 2010 10:56Sono andata via da Pordenone e provincia quasi vent’anni fa: avevo diciannove anni, era il mio primo anno di università a Trieste, e nel modo oscuro ma determinato della tarda adolescenza sapevo che non sarei mai più tornata a vivere lì. Pordenone – San Giovanni di Casarsa, più precisamente – non era il mio posto, non era il luogo dove volevo diventare adulta, per quanto la amassi con la tenerezza che si riserva ai luoghi in cui si è stati piccoli. Una tenerezza che non è per il luogo stesso, ma per quello che eravamo quando era normale che la mamma ci desse la mano camminando per strada.
Su Pordenone non sono mai riuscita a scrivere davvero, se non in maniera totalmente frammentaria e autobiografica, anche se la vita di provincia mi è rimasta dentro e finisce sempre per riemergere. Il mio unico tentativo di codifica della mia esperienza in un romanzo è naufragato in fase di lavorazione.
Per questo ho partecipato più che volentieri al progetto DireFarePn, promosso dal Comune di Pordenone, la cui lucidità mi ha stupita non poco. Pordenone è, sotto ogni punto di vista, una città che funziona: scuole, ospedali, asili, c’è tutto. I soldi ci sono, e per quanto la flessione economica dovuta alla crisi globale si faccia sentire, il tenore di vita medio dei cittadini è alto. Eppure, come in molti posti che funzionano, a Pordenone manca la scintilla: quel lampo di fantasia, imprevedibilità e vita che rende i posti memorabili a prescindere dal loro patrimonio storico e architettonico. Un progetto come DireFarePn, aperto ai contributi anche molto critici di chi a Pordenone non ci vive più ed è andato a ricostruirsi altrove, è un modo onesto per aiutare i pordenonesi a guardare se stessi oltre l’inevitabile orgoglio campanilistico.
Giorgio Jannis, che segue la parte di social media insieme a Sergio Maistrello, mi ha chiesto di partecipare con un video. Non ve lo anticipo, ma ho pensato vi potesse fare piacere leggere l’estratto dal romanzo mai finito che ho scelto per spiegare meglio il mio rapporto con la città dove sono nata.
Siamo pordenonesi, l’essenza del Nulla. Né friulani né veneti. Né ricchi né poveri. Né ignoranti né acculturati. Dietro di noi, il Friuli e i suoi millenni di storia contadina. Davanti a noi, il Veneto e la sua gloria storico-architettonica. In mezzo noi, il Noncello e la Zanussi. Silenziosi testimoni di tutto. Discretamente nascosti nel nordest italiano, lontani dai confini che rendono le cose interessanti. Nessun legame con gli stravaganti triestini. Cucina povera e priva di tratti distintivi. Esportiamo materiale umano che diventa romano, milanese, genovese, inglese, americano d’adozione. Ci adattiamo, ci trasformiamo, osserviamo. Facciamo lavori sempre uguali, anno dopo anno. Passeggiamo ordinatissimi in un centro storico ordinatissimo. Prendiamo la cioccolata calda. Non siamo capaci di fuggire. Quando lo facciamo, non torniamo mai più.
Chi nasce a Pordenone va all’asilo, alle elementari, alle medie e alle superiori a Pordenone. Gioca a calcio nel campetto accanto alla parrocchia e va a nuotare nella piscina comunale. Chi nasce a Pordenone va in discoteca la domenica pomeriggio, da adolescente, e prende la patente a diciotto anni. Chi nasce a Pordenone ha la macchina, a diciotto anni.
Chi nasce a Pordenone deve inventarsi una ribellione, spesso prende a prestito quelle altrui. Ci sono i dark, i mod, i punk. Si radunano precisi ognuno nel suo angolo di Piazza XX Settembre.
Chi nasce a Pordenone è programmato per avere poca fantasia. Chi è nato a Pordenone, e per un errore genetico di fantasia ne ha molta, deve andare altrove, dove la fantasia serve. Chi vive e lavora a Pordenone non ha bisogno di fantasia, ma di memoria, solidità, resistenza. Chi nasce a Pordenone, e muore a Pordenone, quando se ne va fa attenzione a lasciare tutto come l’ha trovato, lucido e pulito, inodore, incolore e insapore.
Giulia says:
Ottobre 27th, 2010 at 11:01
E un ciao a Davide Toffolo, al quale continuo allegramente a fregare i titoli delle canzoni. Un giorno o l’altro me mena.
Giorgio Jannis says:
Ottobre 27th, 2010 at 11:09
Ma grazie! Eventually saccheggio e spammo, con credito esplicito
Giulia says:
Ottobre 27th, 2010 at 11:11
Era per voi, prendetene pure.
annerrima says:
Ottobre 28th, 2010 at 9:27
cara giulia, ti seguo da qualche tempo e devo dire che le tue analisi mi piacciono moltissimo.
su questa, però, devo dissentire, scusami.
come te sono andata a trieste a diciannove anni, pensando di non tornarci più a pordenone, sono stata anch’io materiale umano da esportazione, avendo fatto la sslmit come te ho viaggiato e sono andata in spagna, francia, svizzera, ma ora che sono tornata, e dovresti farlo più spesso anche tu, vedo un mondo diverso da quello che i giornali dipingono e che anche qui vedo ritratto per l’ennesima volta.
è un mondo sì sempre uguale a se stesso, ma che sta cambiando, sta prendendo la rincorsa per uno slancio. e questo nel post sbornia industriale, nel post zanussi e nel post miracolo economico.
io ci sono tornata a pordenone, dopo quasi dieci anni, e ti devo dire che questo ritratto poteva andare bene negli anni novanta, non ora.
quei mod, quei dark e quei punk, purtroppo o per fortuna non ci sono più. o meglio, ci sono ancora, ma sono ormai trentenni e passa e sono sposati e tengono famiglia e sul molo non si vedono più (anche perché il molo non esiste neanche più, l’hanno appiattito). si rifugiano quando possono, piuttosto, nei bar, vanno ai concerti al deposito giordani, o allo zion a conegliano (che adesso ha chiuso, ma vabbe). oggi c’è una marea di fighettume nella generazione di ventenni – e i ventenni, si sa, sono tanti, però stanno surclassando noi trentenni. è vero, c’è una città inodore, incolore e insapore, ma io penso che stia cambiando – e guarda che ero più scettica di te quando sono tornata. non c’è solo direfarepn, c’è anche il pecha kugia, ci sono quei matti di lumacuore, l’osteria dei poeti, e i “soliti” del cinemazero, e della casa dello studente, ecc. c’è vita, insomma. e poi c’è la mossa tutta politica di aprire a pochi mesi dalle elezioni una superbiblioteca e un (forse inutile) centro d’arte contemporanea. e per fortuna, che ci siamo un po’ resi conto che bisognava anche dar da mangiare all’anima con la cultura.
tutte cose, queste, che mica si trovano a trieste. non voglio fare confronti, ma quella freschezza adolescenziale e quell’incanto (opposto al disincanto) che si trova in provincia è difficile da trovare in città.
oltre i tarm, oltre le mode e i cliché.
buona vita cara, continua a scrivere.
vinz says:
Ottobre 28th, 2010 at 9:58
bella mossa, manderò un videino da londra..
Giorgio Jannis says:
Ottobre 28th, 2010 at 10:05
Vinz, trovi i riferimenti su direfare.pn.it, su come fare il video, minutaggio, argomenti possibili. E se hai una idea, un’osservazione, una visione per PN procedi senza indugio (in alternativa: senza por tempo in mezzo)
🙂
Giorgio Jannis says:
Ottobre 28th, 2010 at 12:59
… e quell’eventually che ho scritto sopra è sbagliato ehehhe
Giulia says:
Ottobre 28th, 2010 at 1:58
Ciao annerrima,
Il brano è stato scritto nel 2002, quando già non vivevo a Pordenone da undici anni, e quindi è in buona parte basato su ricordi (non è un caso, insomma, che il libro a cui apparteneva sia rimasto lì). Mi serviva per dipingere il mio rapporto con la città, non la sua realtà che suppongo sia molto mutata, e la cosa non può che farmi piacere. Quando torno in provincia, finisco più spesso a Udine che a Pordenone per le mie serate, e quindi mi sono persa tutta l’evoluzione.
Amo l’idea di una Pordenone moderna, un posto dove finalmente si possa andare a vivere per scelta anche non essendo pordenonesi: per questo do il mio contributo. Chiamiamolo “calcio nelle palle”, ecco, e la tua irritazione articolata è la prova che ce n’è, ce ne sarà.
annerrima says:
Ottobre 28th, 2010 at 2:22
Ciao Giulia, da come l’avevi messa non si capiva, ma mi fa molto piacere che tu abbia capito la mia risposta 🙂
Diciamo che è sulla buona strada, e quindi speriamo di passarci delle buone serate tutti quanti.
Un saluto