Due omini su una torta
pubblicato da Giulia sabato, Febbraio 17, 2007 13:48Da quando si è cominciato a discutere nuovamente di questa faccenda dei Di.Co., che non ho capito neanche bene come si scriva esattamente l’acronimo, ma pazienza perché la legge è comunque ancora in embrione (e gli embrioni, si sa, non sempre diventano bambini), sono in parecchi (fra cui robertina, qui, e miic, qui) quelli che hanno tirato fuori la questione, parallela, del matrimonio fra omosessuali. Facendo presente che è un’ipocrisia creare una forma di riconoscimento sociale dei rapporti non matrimoniali solo per fornire uno straccio di tutela alle coppie gay. Perché se la coppia è coppia e nella coppia in sé c’è un progetto di famiglia, con o senza figli, un percorso da compiere insieme nella vita, allora è assurdo e discriminatorio impedire a due persone dello stesso sesso che si amano di sposarsi.
I punti da affrontare sono tanti, ma quello fondamentale è la definizione di famiglia come nucleo di crescita dei figli. Non sono poche, per vari motivi, le coppie sposate che finiscono per non procreare. A volte è per scelta, a volte perché non arrivano. In ogni caso, anche queste coppie sono unite in matrimonio e costituiscono una famiglia, e possono decidere di adottare, oppure di prendere bambini in affido; oppure no. Per la legge rimangono comunque famiglia, anche se famiglia senza figli.
Allargare il matrimonio alle coppie gay prevederebbe anche la possibilità per queste coppie di adottare bambini, anche quelli del compagno o della compagna se il padre o la madre naturale non fossero più in vita, o di averne per vie naturali (discorso valido soprattutto per le coppie lesbiche: aggirare la legge 40, in assenza di patologie, è abbastanza semplice) e dare loro il proprio cognome. E c’è ancora chi, pur essendo favorevolissimo alle unioni omosessuali, storce il naso davanti alla possibilità per queste coppie di allevare figli.
Alla base del problema ci sono due assunti di base, entrambi viziati da pregiudizi. Il primo è che l’omosessualità sia una malattia, una condizione fondamentalmente indesiderabile, un disturbo della sessualità che una volta sviluppato tocca tenerselo (a meno che uno non voglia seguire una terapia di riconversione, taaaanto popolare in America), l’importante è che non venga propagato alle generazioni successive, perché essere gay è sbagliato. Il secondo è che l’identità sessuale di un bambino si formi in conseguenza di quella dei genitori: il che, a parte tutto, non spiegherebbe come mai da genitori eterosessuali nascano figli omosessuali, e viceversa, a meno di accreditare come sacrosanta la tesi secondo cui è tutta colpa della mamma. Molti fondi ed energie si sono investiti nel tentativo di spiegare le cause dell’omosessualità, quasi tutti tesi a provare la sua indipendenza dalla volontà del soggetto: è genetica, è ambientale, è una combinazione delle due cose. Perché passi essere gaio, ma scegliere di esserlo? Orrore.
Gli studi condotti sulla prole, peraltro, non sembrano evidenziare grosse differenze fra i bambini allevati da coppie eterosessuali o omosessuali, né sotto il profilo dell’identità sessuale né di quello dell’orientamento, e tantomeno delle abilità sociali: l’unica diversità rilevante è nella tendenza a scegliere fra bambole e macchinine in modo molto più random, e ad esprimere il desiderio di fare, da grandi, un lavoro abitualmente associato al sesso opposto. Anche Rossellina di Un posto al sole vuole fare l’attaccante di serie A, per cui la sovversione mi pare già sdoganata.
La questione è tuttavia ancora aperta, perché in Italia nessuno ha studiato un bel niente. I bambini con uno o più genitori omosessuali vivono ancora nell’ombra di una colpa innominabile.
Ecco perché, secondo me, siamo ben lontani dal giorno in cui una coppia omosessuale unita con cerimonia pubblica non farà più notizia, e ancora più lontani dal giorno in cui sarà normale vedere torte nuziali sormontate da due omini o da due donnine. C’è chi di questo gode e si rallegra, e chi invece, come me, trova tutto un po’ triste. Fra trent’anni, riguardandoci, queste resistenze e questa ipocrisia ci faranno lo stesso effetto dei cartelli “Non si affitta ai meridionali”: un vago senso di vergogna per quello che eravamo.
asherel says:
Ottobre 1st, 2008 at 2:32
bel blog
belle osservazioni. leggo qua e la e sorrido