Macheddavérercantanteffròscio?

pubblicato da Giulia mercoledì, Maggio 18, 2005 12:49
Aggiunto alla categoria Spot
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L’incremento di popolarità di un artista si misura in base all’aumento della distanza fra il fan storico e il palco. Faccio un esempio, dato che ne ho uno sottomano. Ai primi concerti dei Subsonica eravamo in cinquanta-cento persone. Si stava così vicino da poter guardare Samuel e soci direttamente nelle orbite (cosa che non accadeva praticamente mai, dato che per tutto il tempo si ballava come invasati). All’epoca i Subsonica erano il gruppo da vedere dal vivo. Riuscivano – qualità rara in un artista e ancora di più in un gruppo – a dare l’impressione di suonare per te e solo per te, adolescente con i brufoli in terza fila o universitario occhialuto appena mollato dalla ragazza in quinta fila. Più che un concerto, un’esperienza emotiva.

Già con Microchip emozionale bisognava arrivare presto, altrimenti non si riusciva ad entrare. Distanza dal palco, circa dieci metri. La qualità emotiva della performance era però ancora intatta, anche grazie a un repertorio che è poco definire “dellamadonna”. All’epoca suonavano ancora Il mio dj, grande singolo mancato. Con l’Amorematico tour, Il mio dj scompare, e il palco è uno spazio lontano al di là di un mare di teste urlanti “Saaaaamuuuuu!”. Si dissolve, data dopo data, anche la sensazione che il gruppo sia lì per te e solo per te, venticinquenne con problemi di cellulite grave o trentenne recentemente evasa da una lunga e fallimentare relazione sentimentale. La voce di Samuel giunge ancora forte e chiara, ma la distanza fisica (in tutti i sensi) diventa sempre più insormontabile.

Ora che i cinque dei Murazzi stanno portando in giro Terrestre, la voce di Samuel � un suono annegato fra milioni di altri suoni, voci di ragazze che cantano, urlano, si gridano commenti da una fila all’altra. Il palco si intravede fra una spalla e l’altra di chi balla davanti a te. L’esortazione “Su ‘ste mani!” viene raccolta da migliaia di persone. Il brivido non è più tanto nella performance (spettacolare, titanica, coinvolgente come sempre) ma nella vibrazione collettiva, nell’effluvio di ormoni, nel delirio di gambe braccia teste che si muovono quasi all’unisono (c’è sempre quello che è venuto al concerto per fare compagnia alla morosa, e balla come se l’avessero inamidato). Il numero del culo eseguito da Boosta scatena ondate di gridolini al pari dell’esecuzione dei classici. Sui forum impazzano i commenti sbavucchianti delle quattordici-sedicenni indecise se andare a vedere loro o i Blue. E anche se ti diverti (e ti diverti tanto: due ore e passa di concerto che scorrono via come nulla, e quando scende lo schermo con il countdown verso la fine di Preso blu, ti senti come quando accompagni una persona cara all’aeroporto), un po’ cominci a capire lo snobismo di certi indierocker ambosessi, che ai concerti ci vanno solo quando il gruppo ancora non se lo fila nessuno.

E adesso, se volete capire il titolo del post, andate qui.

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