Le faremo sapere

pubblicato da Giulia mercoledì, Febbraio 23, 2005 22:38
Aggiunto alla categoria Target du jour

Forse non ve ne sarete accorti, ma più probabilmente sì: c’è la flessibilità. Non quella che vi permette di toccarvi le ginocchia con il naso (con tutte le implicazioni erotiche che vi pare), ma quella molto meno divertente del mercato del lavoro, dei contratti a tempo determinato e dei co.co.pro, che se ci aggiungi curucurucurucurucùqquaqquà sembra una canzone di Pippo Franco. Che han provato a spacciarcela (la flessibilità, non la canzone) come una gran figata che ci permetteva di essere più giovani e mobili e dinamici e fare trenta lavori contemporaneamente. La realtà dei fatti è un filo diversa, ovviamente, ma comunque: tra le tante ricadute della flessibilità c’è anche il proliferare di quella tremenda ordalìa che va sotto il nome di “colloquio di lavoro”.

Tra i datori di lavoro sembra essere scomparsa la consapevolezza che un impiego è quella cosa che fai per otto ore al giorno (dieci-dodici se sei milanese, nove con quattro pause-caffè se sei romano) allo scopo di guadagnarti da vivere. I nuovi contratti ad “orario flessibile” (cioè non meno di otto ore, mai, neanche se stai morendo, e se ti ammali sono fatti tuoi) hanno eliminato l’istituzione della paga straordinaria, quella cosa meravigliosa che stava a significare la vera natura della transazione lavorativa: io ti vendo il mio tempo e le mie abilità, ma non la mia vita. Per cui: se mi vuoi qui fino alle nove di sera, paghi. Se non paghi, io me ne vado a casa e il lavoro te lo fai da solo. Così funzionava per i nostri genitori.

Erano altri tempi.

Per potersi fregiare della qualifica di “impiegato”, l’aspirante lavoratore deve sperare che si verifichi una o più delle seguenti condizioni:

– nessun altro si presenta al colloquio
– lui è il primo e gli altri sono delle pippe
– lui è il primo e gli altri sono delle donne brutte
– uno dei superpensionati avvitati alla sedia da stipendi d’oro crepa improvvisamente per superlavoro.

Neolaureati e laureati alike, a meno di pesanti raccomandazioni in direzione del lavoro dei propri sogni o clamorose botte di culo, diventano presto degli olimpionici di Colloquio. La specialità più semplice di questa disciplina è, a dispetto delle apparenze, il Colloquio Formale. Ti incravatti (o rispolveri il tailleur), ti presenti (in orario), spieghi cosa sai fare (in sintesi), ti dicono se ti danno o meno il posto. Unica preoccupazione: non pucciare la cravatta nel cappuccino preso al bar sotto il possibile nuovo posto di lavoro.

Il Colloquio Formale è stato inesorabilmente sostituito dal Colloquio Performance, diffusissimo soprattutto per chi aspira a un posto da creativo. Obiettivo della specialità: impressionare il potenziale datore di lavoro (da qui in poi PDDL) e sbaragliare la concorrenza con la propria prorompente personalità. Un grafico bravissimo, ma timido come un paguro ha la metà delle possibilità di un grafico così così campione di self-marketing. Incravattarsi è sconsigliato: nessuno vuole un creativo che sembri un commerciale. Se invece si aspira a un posto da commerciale, è raccomandabile l’accoppiata vestito sobrio-cravatta moderatamente spiritosa, in modo da suggerire contemporaneamente serietà e vivacità.

Il Colloquio con l’Inquisizione è giustamente temuto. Arrivi, e fai anticamera per un quarto d’ora. Quando finalmente riesci ad entrare nell’ufficio, il PDDL è al cellulare. Risponderà a turno al telefono e al cellulare ogni tre minuti di colloquio, rassicurando tutti gli interlocutori: non lo disturbano affatto. Fa domande personali (“Sei sposata? Hai figli? Hai intenzione di comprarti una casa? Starai mica cercando il posto fisso? Quali sono le tue aspirazioni personali?”), glissa sul curriculum e ti liquida con un gelido “A risentirci”.

Più diffuso, leggermente frustrante ma necessario a tenersi in esercizio è il Colloquio a Tempo Perso, cioè quello per un impiego che non avrai mai (perché non possiedi le caratteristiche adatte, perché sai che prima di te è entrato il cuggino del cuggino, perché il lavoro ha sede a Grozny e tu non sai il russo). Generalmente viene affrontato con aria dimessa. Il posto va al cuggino del cuggino.

E tu ti rimetti a mandare curriculum.

Commenti e ping chiusi.

Un commento to “Le faremo sapere”

  1. Un pò tutti says:

    Luglio 8th, 2006 at 4:07

    Non credo di essere il primo a lamentarsi di questa faccenda!!…
    Migliaia di Curricula Vitae inviati, per avere solo qualche risposta!
    E se i colloqui fossero pilotati?..
    E’ un dubbio tremendo che mi sovviene!!.. Nessuna accusa, ovviamente, … soltanto un dubbio!