I ciociari lo fanno meglio

pubblicato da Giulia lunedì, Luglio 26, 2004 13:59
Aggiunto alla categoria Sono fatti miei
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“…eeeh?”
“Il festival. E che avevi capito?”
“… aaah!”

Ai concorsi per gruppi emergenti ho sempre guardato con lo stesso amore riservato per la pasta scotta e le Catene di Sant’Antonio. Per cui, l’idea di presenziare per una serata intera a una manifestazione di questo stampo, per giunta nel cuore della Ciociaria (che diciamocelo, non è proprio l’ombelico del mondo di jovanottiana memoria) non mi faceva esattamente sudare le ascelle dall’emozione. Ma per la causa del giornale più figo del mondo e altre motivazioni di tipo squisitamente personale, via che sono partita per Alatri, insieme a una rappresentanza di giurati del festival “Alatri dal vivo”.

Il livello dei gruppi, a detta di molti dei presenti, non era eccezionale. Beh, va bene, i primi in scaletta erano un po’ i Frosinone City Ramblers, gli altri non me li ricordo e gli ultimi erano giusto un po’ derivativi, ma almeno derivavano dal punk funk e non dai cloni dei cloni di Peter Tosh o dei Rancid. Perché sia noto che la mia resistenza al concetto di “gruppo emergente” nasce dalla non assidua e davvero poco entusiastica frequentazione di manifestazioni atte a promuovere la suddetta tipologia di formazione musicale.

Sono stata in un gruppo sub-emergente anche io (nel senso che poi loro sono emersi un pochinino, ma senza di me, per poi annegare di nuovo, con un solo membro superstite come Kate Winslet nelle ultime scene di Titanic; e sta ancora emergendo anche lui), e quindi posso dire di aver visto cose che, a sud del Po (dove i gusti musicali della gente, per qualche misteriosa alchimia, sono migliori che nelle lande del nordest) non arriverebbero neanche alle pre-selezioni delle pre-selezioni, ma verrebbero additati a pubblico ludibrio e monito dei concorrenti futuri.

Ai concorsi per gruppi emergenti indetti nel triestino e nel friulano presenziano, in genere:

– gruppo régghe (leggere con la “e” chiusa, se triestini), muniti di cantante dreadloccato ad imitazione di Bunna degli Africa Unite, e di almeno un membro del gruppo di formazione fusion, uso a tirarsi assoli in tutto e per tutto sostitutivi di una buona pippa;
– gruppo métal (come sopra), minuti di cantante permanentato e ululante e e di almeno due membri del gruppo di formazione fusion, usi a tirarsi assoli in tutto e per tutto sostitutivi di una buona pippa, con il risultato che in ogni momento sembra che ognuno stia suonando una canzone diversa;
– gruppo di cover che fa Smells Like Teen Spirit inventandosi le parole (visto);
– stesso gruppo di cover che si ripresenta l’anno dopo con una cantante gnocca;
– gruppo blues in cui TUTTI i membri sono dei virtuosi, e le cui canzoni, fra improvvisazioni, assoli e finale con rullata di batteria, durano dai quindici ai venti minuti (tempo psicologico);
– gruppo di rock demenziale triestino (solo a Trieste), emuli falliti degli Skiantos, fanno ridere solo i triestini e neanche tutti, il che significa che fanno ridere all’incirca due-trecento persone in tutto (e stiamo sull’abbondante);
– gruppo ska (no comment).

Per aggravare la situazione, i suddetti devono invariabilmente esibirsi in condizioni spaventose, senza spie, con impianti approssimativi, su palchi larghi quanto una lasagna, e con fonici antipaticissimi che prima prendono nota dei volumi e poi lasciano tutto fermo come da ultimo soundcheck.

Cosa mi sono trovata di fronte ad Alatri: un palco spazioso, un buon impianto luci, amplificazione più che dignitosa e un’organizzazione puntuale e seria, nonché decisamente gioviale. E in più, quattro gruppi ben più ascoltabili degli headliner della serata. Che è tutto dire.

Comprenderete il mio stupore: non mi sarei mai aspettata di doverlo dire, ma i ciociari lo fanno davvero meglio.

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