L’Italia con i braccioli

pubblicato da Giulia mercoledì, Luglio 18, 2007 21:00
Aggiunto alla categoria Target du jour

Non è che servisse il Financial Times per dirci che siamo un paese arretrato. In materia di diritti civili e riproduttivi siamo indietro anni luce rispetto a paesi con una tradizione cattolica ben più pressante della nostra, il dibattito politico si è arenato nella propaganda populista, più della metà degli italiani non legge e sta sprofondando nell’analfabetismo di ritorno. Mancano la lucidità, la lungimiranza, il senso del bene comune e il rispetto reciproco. La gente è sempre più ignorante e pigra, fa la fila per vedere Annamaria Franzoni in tribunale e Fabrizio Corona ovunque, si annega in un mare di poppe e culi, e Michela Brambilla scoscia trionfante dagli schermi della sua tivù privata delle libertà o quello che è.

Prendiamone atto, per favore. La nostra è la prima generazione che non se n’è andata di casa. Magari per qualche anno si è assentata per studiare all’università, rigorosamente mantenuta dai genitori, ma poi è tornata. L’Italia è un paese di laureati trentenni parcheggiati a casa di mamma e papà, dove la pappa è pronta tre volte al giorno, la biancheria è sempre stirata, la spesa fatta, le bollette domiciliate. La scolarizzazione alta agisce da ostacolo all’ingresso nel mondo del lavoro: non ci sono tornitori, però è pieno così di laureati in Scienze della Comunicazione.

Siamo un paese di pulcini cresciuti che non se ne vanno dal nido, protetti da mamme disperate e spaventate dal distacco. Mentalmente pigri, come tutti quelli che non hanno mai dovuto badare a se stessi, i venti-trentenni italiani temono tutto ciò che è nuovo e sconosciuto. Non riescono a formarsi un’identità autonoma perché non hanno completato la transizione dall’adolescenza all’età adulta, vivono in una perenne mezza ribellione in cui cercano, invano, di distinguersi da chi li ha messi al mondo. Ma non riescono a pensare, a immaginarsi scenari, un futuro, un percorso. Non possono: da qualsiasi parte guardino, le porte sono chiuse. Vorrebbero comprare casa, mettere su famiglia, costruirsi una carriera, ma non sanno da dove cominciare. Sguazzano penosamente nella parte meno profonda della piscina, senza avere il coraggio di togliersi i braccioli.

Alcuni se ne vanno. Mollano tutto, anche la speranza di poter vivere felici nel loro paese, e se ne vanno a morire di nostalgia mista a sgomento da qualche altra parte nel mondo, lontano dalle baronìe, dai nepotismi, dai concorsi truccati, dai colloqui pro forma, dai contratti a progetto, dai call center, dalle poppe e dai culi. Ci guardano, e ci dicono, ma siete matti? Vi rendete conto che siete un paese di vecchi, governato dai vecchi, pieno di giovani che saranno vecchi prima di essere adulti e sono già più indietro dei loro nonni? Che avete paura di tutto, un giorno sono i gay un giorno sono i rumeni un giorno sono gli immigrati sui gommoni un giorno sono i comunisti un giorno sono i pitbull un giorno sono gli incidenti? Avete paura di tutto e non sapete neanche perché, ma vi basta che arrivino Bagnasco Studio Aperto o Borghezio a spiegarvelo e voi siete tutti contenti perché ancora una volta vi siete risparmiati la fatica di pensare?

Siamo un paese arretrato perché solo andarsene di casa e imparare a mettere insieme il pranzo con la cena fa crescere le persone. E un paese dove le persone non crescono non è un paese: è l’Isola Che Non C’è.

Commenti e ping chiusi.

Un commento to “L’Italia con i braccioli”

  1. » Bamboccioni a chi? says:

    Ottobre 7th, 2007 at 11:47

    […] Quanto ho scritto questo post, che peraltro non si sognava di negare l’esistenza di un’oggettiva difficoltà per i giovani italiani ad uscire di casa (Dio sa che anche qua ci son periodi di magra in cui si prega pure il suo collega Vishnu perché mandi lavoro), mai e poi mai mi sarei immaginata che mi sarei sentita far eco in maniera così pesante e paternalistica da Tommaso Padoa Schioppa. E che il suo “bamboccioni” mi avrebbe fatta innervosire così tanto, specialmente se collegato a provvedimenti di fatto un po’ ridicoli (cinquecento euro all’anno di sgravio sull’affitto? Aaaaa, capirai). Del resto, oh, avendo sfiorato la rissa in diretta con Luca Barbareschi proprio su questo argomento, non si può dire che io stia esattamente su una piattaforma di indifferenza o sufficienza. Se dite “precario”, anche io dico “presente”. Deve essere un po’ il principio secondo cui i neri d’America fra loro si chiamano nigger, e gli omosessuali “frocio”, ma se lo fa qualcuno che non appartiene al loro gruppo si incazzano. E giustamente, pure: perché le parole mutano significato a seconda di chi le usa. Pertanto, se uno di noi dice “Avanti, bamboccioni, uscite da casa” gli applausi sono tanti quanto i fischi. Perché è un grido di battaglia, non una considerazione di disprezzo: è un incitamento a remare stando tutti nella stessa fragile barchetta. […]