Sarebbe una gran cosa
pubblicato da Giulia mercoledì, Novembre 7, 2007 13:53Mi trovo a dissentire sul punto fondamentale di questo trafiletto di Luca Sofri per Vanity Fair. Sarebbe bello, anzi bellissimo, se il dibattito politico in Italia lo facessero i giornali di carta, o in generale i giornali, piuttosto che la televisione. La realtà, a me pare, è che il dibattito politico in Italia sia morto con Studio Aperto, o forse qualcosa prima: e che di fatto, la televisione sia il motore principale del dibattito in Italia, politico e non.
Il motivo per cui i temi sollevati da Report non vengono discussi è, credo, imputabile più a una riluttanza generale ad affrontare i problemi – soprattutto quelli estesi, radicati, che coinvolgono il cittadino in prima persona – che è tutta, furbescamente, italiana. Esempio pratico: se diciamo al consumatore che Telecom lascia le centraline incustodite e tuttavia ha il monopolio dell’ultimo miglio, e apriamo un dibattito pubblico su questo abuso di posizione dominante che prenda il posto dell’incessante cicaleccio sul giudice e il ministro o peggio, su quante vallette sono entrate e uscite dalla Farnesina (con dovizia di particolari piccanti), il consumatore potrebbe decidere di optare per altri gestori. E’ una cosa che si può fare, che è alla portata di tutti: una forma di protesta che potrebbe recare un danno concreto a Telecom. E poi tocca farci qualcosa: intervenire sull’ultimo miglio, multare, oddio che noia, si perdono inserzionisti.
Il dibattito politico in Italia è esattamente al livello che gli viene imposto dalla televisione. Prendiamo il recente provvedimento che, a seguito del solito filotto di servizi sugli automobilisti ubriachi (nel frattempo sostituiti dai rumeni violentatori), ha fissato il limite per la vendita di alcolici nei locali da ballo alle due di notte. Ci sono così tanti modi in cui questo provvedimento si può ritenere idiota che mi farei venire il crampo alle mani ad elencarli: dirò solo che a Roma il Circolo degli Artisti smette di servire alcolici alle due, come da decreto, e allora la gente esce, si fa timbrare la mano e va a perfezionare la sbronza al baretto di Piazza Lodi. Poi rientra. Risultato finale: gente ubriaca col raffreddore si schianta ugualmente sul GRA alle tre di mattina.
Un decreto cretino e dannoso, che sta ammazzando uno ad uno i locali nei grossi centri: perché se a Roma c’è un concerto da una parte e una serata con DJ dall’altra, ma sai che se ci arrivi tardi il bar è chiuso, non ci vai. Finisci di sbronzarti nel primo pub aperto, piuttosto. Ma la casalinga di Zagarolo vuole che si faccia qualcosa: e allora si fa qualcosa a caso, tutti sono contenti, nel frattempo Studio Aperto scova un altro filone di indignazione, e avanti così. Con tutti – politici, giornalisti, commentatori – che fanno affermazioni di principio, si dichiarano a favore o contro, annunciano provvedimenti, spedizioni punitive, decreti, controlli più severi. La Repubblica o Corriere della Sera, la casalinga, non li legge. La casalinga guarda Studio Aperto, perché all’ora in cui va in onda lei sta cucinando. Guarda Studio Aperto e si indigna: per i black bloc che sfasciano le vetrine, per i rumeni che invadono l’Italia, per quelli che bevono e poi guidano, per i proprietari dei pitbull, per le squinziette che cedono il proprio corpo in cambio di un posizionamento migliore alla TV di Stato. Cose che lei può capire, semplificate, messe in onda all’ora giusta. La casalinga non sta sveglia a guardare Report. Si stanca. Ha già tanti problemi. Mezz’ora di indignazione al giorno basta e avanza.
In Italia, è un fatto, si discute solo di quello che sposta voti. I rumeni, gli alcolici, i cani, sono cose che gli elettori sentono come minacce vicine. Chi dà mostra di intervenire nel modo più convincente a brevissimo termine, vince. Sarebbe una gran cosa se il dibattito politico nascesse dalla lettura, dalla riflessione, dall’approfondimento, dalla conoscenza: rassegnamoci all’idea che, in un paese di analfabeti di ritorno che leggono sì e no un libro all’anno, i temi del giorno non li decide Report. Li decide chi va in onda nella fascia oraria più conveniente, nel formato più semplice, con le musichette di sottofondo più struggenti e i servizi di colore più divertenti alla fine.