C’era una volta uno coi baffi
pubblicato da Giulia domenica, Novembre 4, 2007 14:40Fini non ha i baffi. Ha gli occhiali, e per questo sembra un rispettabile signore. Poi è uno che ha fatto la svolta. A Fiuggi, ha svoltato. Almeno, ha messo la freccia, poi non si capisce se abbia girato all’incrocio o semplicemente fatto un po’ di curva e detto “Te’, ecco la svolta”. Certi che sono con lui hanno tirato dritto, in direzione di un braccio alzato. Fini, lui dice di no.
Poi succede che una donna viene aggredita, stuprata e uccisa da un rom, dentro una baracca. Un crimine orrendo, ma di incidenza molto inferiore rispetto alle aggressioni e agli stupri che avvengono in casa, ogni giorno. Fate mente locale: in un anno, quante donne muoiono per mano del marito, dell’ex marito, del compagno o dell’ex fidanzato, e quante sono vittime di aggressori sconosciuti? Eppure, nessuno scende in piazza per gridare all’espulsione degli uomini violenti. Non succede quello che sta succedendo con i rom. Mai.
Allora Fini va sul luogo dell’aggressione e fa l’uomo forte, quello che la sinistra non è capace e questi devono andare a casa loro (ma che succede con quelli che sono a casa loro? Mica tutti i rom sono cittadini stranieri). E dice delle cose. Tipo questa:
… mi chiedo come sia possibile integrare chi considera pressoché lecito e non immorale il furto, il non lavorare perché devono essere le donne a farlo magari prostituendosi, e non si fa scrupolo di rapire bambini o di generare figli per destinarli all’accattonaggio. Parlare di integrazione per chi ha una “cultura” di questo tipo non ha senso.
C’era una volta uno con i baffi che diceva che gli zingari erano esseri inferiori e dovevano morire. E ne ha gassati un bel po’, inventandosi anche delle storielle per mettere paura alla gente. Come quella che gli zingari rapiscono i bambini, che viene tirata fuori ogni volta che un ragazzino sparisce da casa, tipo Angela Celentano o Denise Pipitone. Tranne che questa cosa che gli zingari rapiscono i bambini non è mai stata provata. Torna utile, però, quando si parla di gente sconosciuta, la cui “cultura”, giustamente qui tra virgolette, non ha niente a che vedere con le condizioni in cui vivono in Italia.
Mettete duecento italiani perbene dentro una baraccopoli, privi di mezzi di sussistenza, riscaldamento, servizi igienici. Permettete loro di autoregolamentarsi, non mandare i bambini a scuola, farli lavorare fino da piccolissimi. Evitate ogni controllo. Lasciate andare la situazione per qualche decennio, finché la “cultura” italiana non significherà più niente.
Poi provate a risolvere il problema che inevitabilmente si genera. A “civilizzarli”. Ad “integrarli”.
E vedete che casino viene fuori.
Gente ormai abituata a vivere al di fuori della legge, che per cultura ha solo la sopravvivenza. “E potrebbero trovarsi un lavoro come tutti!” C’è chi lo fa, e se ne va dall’Italia per poter studiare all’università e scavalcare i pregiudizi. E chi invece rimane intrappolato in una comunità che si auto-alimenta, inglobando anche i nuovi arrivi. Una sottocultura parallela, in cui tutti sono addestrati alla complicità, e nessuno sforzo viene fatto, in nessun senso, per ristabilire la legalità.
La società civile è tale finché i suoi membri non rischiano di morire di fame o di freddo.
Sarebbe scorretto difendere i ladri, gli stupratori, gli assassini. Sarebbe scorretto, perché difenderli e dire “non è colpa loro, sono le circostanze che li hanno resi dei criminali” o peggio ancora “è la loro cultura” – quale cultura si regge sul crimine? Una cultura che si regge sul crimine non è forse destinata ad autodistruggersi nel giro di poche generazioni? – significa insultare chi non ha mai fatto niente di male: i giostrai, i rivenditori di auto, i parlamentari europei, i professori universitari di etnia rom. Significa assolvere l’individuo dalle sue responsabilità, significa fare come quel giudice che “lo stupratore è sardo”. E’ scorretto insultare i rom come etnia, ed è scorretto invocarne l’espulsione in massa. Eppure Fini lo fa. E la gente, che dei rom vede solo il degrado, applaude: come applaudiva settant’anni fa, quando quello con i baffi metteva in fila zingari, ebrei e omosessuali, e li ammazzava in nome della difesa della razza.