Largo ai giovani, dai, su, forza!

pubblicato da Giulia mercoledì, Agosto 8, 2007 16:55
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Ogni tanto arriva qualcuno a farci il cazziatone, signori. Perché noi giovani non combattiamo per il nostro futuro. Questa volta ci ha pensato Massimo D’Alema, uno dei tanti inamovibili della politica, che forse nel ’68 avrà tirato i sanpietrini ma da allora si è calato, come molti di quelli che pensano di aver dato, in una confortevole compiacenza che gli ha permesso, fra le altre cose, di autorizzare bombardamenti per non venire meno all’alleanza con gli USA.

Se questa è l’eredità del 1968, non credo che a molti dispiaccia essere rimasti senza.

E’ vero che siamo una generazione di polli da allevamento, di quelli che nascono nel recinto e crescono nella gabbietta, nutriti con le granaglie che passano dall’alto e incapaci di una sana fuga di massa. Non riusciamo neanche a uscire dalla casa di mammà (e qui evito di autocitarmi perché il post dove ne parlavo è abbastanza fresco). Figurarsi fare la rivoluzione. Che poi la rivoluzione ha bisogno di uomini e donne in parti uguali, e se gli uomini sono fiacchi le donne non sono da meno. I primi guardano, le seconde si fanno guardare. Di parlarsi, non se ne parla. E intorno a noi, quelli come D’Alema hanno costruito un sistema a prova di bomba per tenerci bloccati. Abbiamo la coda nella tagliola, e chi ha piazzato la tagliola ora ci prende per il culo e ci incita a liberarci. Grazie. E bafangulo.

Ci sarebbe anche da discutere sui modi e i mezzi del ’68 e poi del ’77, perché va bene il collettivo, ma le botte e la lotta armata forse (ma dico forse) si potevano evitare. Il ’68 si potrebbe rifare a partire da Internet, per esempio: ma la rete è grande, e sparpaglia, non aiuta a mettere a fuoco, ad organizzarsi, a creare gruppi di pressione. Ed è prerogativa di un numero talmente ristretto di utenti (dei quali non voglio sapere quanti impegnati quasi esclusivamente a cercare di rimorchiare su Skype e scaricare porno) da non poter fronteggiare l’ondata ben più massiccia dei fan di Fabrizio Corona. Senza contare il fatto che, per ogni potenziale zerosettino che vuol fare la rivoluzione per il progresso, ce n’è uno che vorrebbe ristabilire l’ordine come ai tempi del Duce, in questo incoraggiato dalla sbruffoneria di certi leader politici: che prima fanno le svolte a Fiuggi, e poi raccontano di salutarsi ancora a braccio teso. Del resto, non è che a sinistra stiano meglio, e dico solo: Clemente Mastella.

In tutto questo, D’Alema ci dovrebbe cortesemente spiegare con quali modi e quali mezzi la mia generazione (o anche quella successiva, perché ormai sono pronti i ventenni di rincalzo per noi vecchi babbei) dovrebbe lottare per un futuro che non si capisce quale sia. Senza lavoro, ostacolati dal nepotismo e da un sistema universitario vecchio e rigido e mal finanziato, scolarizzati a cazzo di cane da insegnanti demotivati e sottopagati, semi-analfabeti, illetterati, ipnotizzati dal dondolio di poppecculi ripetuto e rifratto all’infinito in ogni dove, sedotti dall’idea di una vita che sia tutta divertimento e niente lavoro, esclusi dalla politica attiva (iMille chi? Ma state scherzando?), apatici e francamente terrorizzati dal futuro in questione. Questi sono i giovani italiani. E per inciso, anche Valentino Rossi è giovane. Giovane e già probabile evasore fiscale.

D’Alema, “qualcosa di sinistra” non vuol dire necessariamente minchiate.

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