Once more, with feeling: “Libera Chiesa”

pubblicato da Giulia venerdì, Febbraio 2, 2007 11:18
Aggiunto alla categoria Pacs nobiscum
Commenti disabilitati su Once more, with feeling: “Libera Chiesa”

Perdonatemi se torno sull’argomento, ma un po’ le scimunite da me invocate mi stanno ignorando, e un po’ (motivazione vera) la questione è, secondo me, grave e va discussa fino all’esaurimento.

Parto da un servizio in onda su Raidue in questo momento. Si parla della moschea in costruzione a Colle Val D’Elsa, in Toscana. Le moschee in Italia si stanno diffondendo molto rapidamente, anche in virtù delle scarse pretese di chi pratica la religione islamica: non molto tempo fa, passeggiando per il Pigneto con due amici, abbiamo scorto in un portone un portascarpe pieno di calzature maschili. Troppe, e troppo in vista, per essere quelle di una famiglia.

Il numero dei musulmani in Italia è destinato ad aumentare, senza se e senza ma. Arriveranno le mogli (prime, seconde e terze, magari spacciate per cugine, in assenza di un Pacs che tuteli queste convivenze atipiche), nasceranno nuovi bambini, e tutti chiederanno, giustamente, di ottenere luoghi in cui praticare la propria fede. Lentamente, le fila dei praticanti si ingrosseranno: che politicamente contino già qualcosa, e siano in grado di influire – almeno a livello locale – sulle scelte di una comunità, è provato dalla pletora di manifesti elettorali in tutte le lingue che invadono i muri di Roma ad ogni consultazione amministrativa. Sappiamo anche, dalle cronache di Lia e da quello che vediamo ogni giorno, che l’Islam italiano non è lo stesso che viene praticato nei paesi d’origine. E’ più stringente, più pressante, meno aperto al cambiamento. I musulmani in Italia, ha detto qualcuno, sono come i siciliani d’America: attaccati alle tradizioni più dei siciliani di Sicilia, per il terrore di perdere l’identità in un luogo estraneo che non comprendono e spesso rifiutano. Succede sempre così, con le comunità molto chiuse.

Fra qualche decennio, i musulmani d’Italia costituiranno una minoranza abbastanza nutrita da reclamare dei diritti, e da tentare di influenzare in un senso o nell’altro la politica del paese. Non intendo fare dell’allarmismo fallaciano: è probabile che le seconde e terze generazioni abbiano già assorbito abbastanza laicismo da essere in grado di separare la pratica della religione dalle leggi dello Stato. Ma non è protestando e sfilando e berciando o portando avanti campagne razziste che si contrastano eventuali tendenze teocratiche.

Solo uno Stato rigidamente laico, rispettoso di ogni confessione ma equidistante da tutte può impedire che le singole fedi religiose accampino pretese di monopolio morale. Anche se la maggioranza degli italiani dovesse essere di fede musulmana, i diritti degli agnostici, dei cattolici, degli ebrei, degli ortodossi e dei buddisti dovrebbero comunque essere rispettati. Il più grande errore che si possa fare è affermare che l’Italia è un “paese cristiano”. L’Italia, come ogni terra di immigrazione, deve necessariamente essere un paese laico. E’ l’unico modo per assicurarsi il rispetto per la religione di ognuno, inclusa quella cattolica.

In Italia, ad esempio, è possibile abortire, divorziare, utilizzare contraccettivi distribuiti gratuitamente dal Sistema Sanitario Nazionale. Possibile, non obbligatorio: la legge prevede misure a tutela di chi, per motivi personali, non potesse portare avanti una gravidanza, volesse svincolarsi da un matrimonio infelice o addirittura segnato dalla violenza, o semplicemente volesse essere sessualmente attivo senza correre il rischio di concepire. Tutto questo è contrario alla dottrina cattolica, ma gli stessi cattolici danno per scontate queste possibilità. Possono decidere se farvi o meno ricorso; oppure possono decidere di vivere come se non esistessero. Per libera scelta, non per obbligo.
Viceversa, la legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita, stilata in base all’assunto confessionale che l’embrione sia già vita esattamente come un bambino, è un pasticcio che sta avendo come uniche conseguenze l’emigrazione di molte coppie all’estero e un aumento degli aborti terapeutici. Il principio confessionale, non universalmente condiviso, che l’embrione sia vita e non potenzialità di vita sta facendo molti più danni e provocando molte più sofferenze di quante ne avrebbe causate una legge di impianto laico.

Proviamo ad immaginare un paese in cui la comunità musulmana sia riuscita ad eleggere un organo di guida centrale, una sorta di ayatollah sufficientemente autorevole da essere preso come riferimento da un Parlamento a vasta composizione islamica. Proviamo ad immaginare che all’ordine del giorno vengano messe (faccio un esempio becero ma chiaro) delle restrizioni nel vestiario femminile. L’ayatollah, consultato, dice: ebbene, le donne non possano più scoprire braccia, gambe e capelli, per non causare desiderio nell’uomo e creare disordine sociale.
Il Parlamento si accinge dunque a legiferare tenendo conto delle indicazioni dell’ayatollah, nel rispetto delle sensibilità musulmane. Ed eccoci tutte con la testa coperta. Milioni di parrucchieri dichiarano fallimento, la Onyx chiude bottega.
Si dà, ovviamente, anche l’inverso. Una Santanché che pretenda di abolire per legge il velo compie una violenza uguale e contraria a chi il velo lo vuole imporre: giacché nessuno, in uno Stato laico e rispettoso della mia libertà, mi può dire come devo vestire. Né lo Stato stesso, né la mia famiglia: per legge, sono libera. Anche da un padre che mi obblighi, contro la mia volontà, a coprirmi integralmente.

E’ a questo punto più chiaro il parallelismo con un’autorità dottrinaria cattolica che pretenda di impedire il riconoscimento delle convivenze atipiche in nome di un supposto (e mai sufficientemente argomentato) “danno alla famiglia”, indicazione che in realtà maschera essenzialmente una vasta componente omofoba. In Italia non è reato essere omosessuali, né convivere con il proprio partner fuori dal matrimonio. Le convivenze esistono, senza drammi o danni sociali oppure con drammi che si svolgono nel silenzio e nell’indifferenza sociale, da molti anni. Una legge che le tuteli serve esattamente a questo: a tutelarle. E a dare alle coppie omosessuali una parvenza di diritti, dopo che per decenni hanno avuto solo doveri.

Ecco perché è importante, in questo momento storico, affermare l’indipendenza dello Stato dalla Chiesa. Qualsiasi ingerenza confessionale, qualsiasi legge fatta in nome di una supposta “maggioranza” religiosa crea un precedente pericoloso, e non può che essere restrittiva delle libertà individuali. Esiste un’etica laica forte e affidabile, a cui è possibile fare riferimento per legiferare in modo equilibrato e rispettoso delle realtà sociali. Guardare costantemente a Dio, o peggio, ai suoi rappresentanti in Terra nel prendere decisioni non è solo discriminatorio e limitante: significa anche esporsi alla possibilità che l’identità del Dio e dei suoi fedeli cambi nel tempo, e con esso le richieste e le restrizioni a carico della comunità.

Commenti e ping chiusi.