Anniversari
(Si ringrazia Platinette per lo spunto)
Sabato ricorre un’anniversario particolare: il 20 settembre del 1958 le case di tolleranza venivano dichiarate illegali grazie al decreto promosso dalla senatrice Lina Merlin. Finiva così l’era della prostituzione di Stato, anche se, ovviamente, il “mestiere” è tutt’altro che defunto. Negli anni ’20 e nel periodo fascista, la prostituzione nelle case chiuse era una faccenda meccanica e triste: niente divertimenti, balli o canti nei bordelli, la “semplice” durava venti minuti, il cliente andava in camera con la ragazza, sfogava quel che c’era da sfogare, e via. Fra questo tipo di rapporti e la masturbazione c’era solo la differenza di un corpo femminile.
Un paio di anni fa, mi sono imbattuta negli articoli di Tracy Quan per Salon. Tracy Quan è quello che in America, patria del politically correct, viene definito sex worker, operatore nell’industria del sesso. La definizione di sex worker copre una gamma di professioni e mestieri che vanno dalla spogliarellista alla prostituta d’alto bordo, e Tracy Quan appartiene a quest’ultima categoria. Dai suoi articoli (scritti con gusto, garbo e sincerità) emerge un’autentica vocazione. Tracy Quan è una professionista, fa il suo lavoro con coscienza, e paga regolarmente le tasse (anche se non sono sicura che l’Inland Revenue Service accetti “sex worker” come definizione professionale). È dedita alla soddisfazione del cliente, non lo truffa, non ne invade la privacy e non cerca di accaparrarselo a scapito di eventuali partner ufficiali.
Avercene.
In Italia, come del resto anche in America e in tutto il mondo, la prostituta-tipo non è Tracy Quan, ma piuttosto la ragazza nigeriana o albanese schiava del suo protettore. Costa poco, è disponibile ad ogni angolo di provinciale, non esige rispetto o profilassi. La prostituta professionista, nella sua serietà, risulta troppo impegnativa, oltre che costosa; tanto vale impegnarsi un po’ e trovarsene una che non lo faccia di mestiere. E anche quelle nella “terra di mezzo”, libere esercenti ma non merce di lusso, per quanto accomodanti sono comunque più costose rispetto ai venti-cinquanta euro della ragazza africana, le cui condizioni sono note, ma passano automaticamente di testa al cliente che ne compra i servizi.
Poi c’è un tipo di prostituzione più infido, ancora più squallido, che disgusta le oneste professioniste come Tracy Quan. È la prostituzione da sfoggio. Belle ragazze che si accompagnano a danarosi vesciconi simulando (malissimo) amore e devozione. Il vescicone ne ricava prestigio (“Uè, guarda che bella gnocca che si è fatto il Giangi!”), e la Gnocca in questione, mentre il Giangi è occupato a tirarsela per il possesso di un simil tocco di patonza, gli sfila le carte di credito.
Ma non chiamatela puttana, lei lo ama per come è ricco dentro.
(Forse continua)