Il miglior complimento per uno scrittore
pubblicato da Giulia venerdì, Settembre 26, 2008 11:49Ad Annie Proulx non piace che i lettori si approprino dei suoi personaggi e le mandino finali alternativi alle storie. Da dopo l’uscita di Brokeback Mountain (il film), che è tratto da uno dei suoi racconti, i fan del film e del racconto le inviano continuamente le loro versioni della storia, moltissime a lieto fine. Lei dice che basta, la storia finisce così, si lasciano, Jack muore, Ennis lo piange troppo tardi, fatevene una ragione.
Ieri ho trovato questo. Somiglia a PostSecret, ma è ristretto ai fan: di serie, libri, fumetti. Fan che confessano le loro ossessioni, e nel segreto trovano il modo di professare l’amore o l’ammirazione che provano per un personaggio. E’ qualcosa di straordinario e meraviglioso, che io guardo con infinita tenerezza, perché al contrario di Annie Proulx io desidero che le persone si approprino dei personaggi che escono dalle mie dita. Che li sentano così vicini e veri da voler immaginare per loro vite e percorsi diversi, che ne parlino come se fossero degli amici. E’ il miglior complimento che mi si possa fare, ed è il miglior complimento che io possa fare agli autori che ho amato: che sappiano mettere le parole al servizio delle creature che scelgono di manifestarsi tramite loro.
Non uso questa espressione a caso, “manifestarsi”. Per me, come per molta gente che periodicamente spalanca la porta su un mondo diverso dal proprio, i personaggi che trova dall’altra parte sono rivelazioni. Nascono completi e si mostrano poco a poco, scegliendo accuratamente quali parti di sé rendere note e come, attraverso quali azioni e quali parole. Il mio compito è lasciare loro lo spazio per respirare ed esprimersi come meglio credono, ascoltarli e non forzarli in direzioni che non sono le loro. Il compito del narratore è quasi medianico: ti siedi, e ascolti. Ci vuole molta concentrazione, molta pazienza, e la capacità di sopportare la frustrazione di non sentire niente, o di vedere cose che non si volevano vedere.
Tutto questo per dire che se i personaggi sono persone per me, non c’è alcun buon motivo per cui non debbano esserlo per altri. Certo, hanno scelto me per venire al mondo, ma non sono di mia proprietà esclusiva: e ad altri potrebbero raccontare storie diverse. Una volta chiuso il libro, continuano a vivere, per me e per gli altri, nella misura in cui io narratore sono stata in grado di comunicare questa loro vitalità, la loro realtà, anche in situazioni che non hanno niente di reale. Alzi la mano chi non ha pensato che J.K. Rowling ci abbia rubato qualcosa, con quel flashforward sul futuro di Harry e compagni: avremmo preferito lasciare in sospeso quella parte di loro, lasciare che ce la raccontassero negli anni, come amici lontani con cui ci teniamo occasionalmente in contatto.
Detto da una che ha pubblicato pochissimo (almeno in rapporto alla quantità di cose iniziate, finite, abortite, perdute e nascoste nei meandri della cartella “In lavoro”) fa sicuramente ridere, ma vi garantisco che per quanto non realizzata, è comunque un’aspirazione e qualcosa a cui tendo. Specialmente ora che finalmente, poco alla volta, sto riuscendo a riaprire quella porta, curiosa di vedere chi e cosa c’è dietro.
seralf says:
Settembre 26th, 2008 at 1:11
Tu hai ragione, ma capisco anche la frustrazione di un autore che magari per questioni commerciali venga indirettamente e involontariamente “ricattato” dai suoi fan tramite i suoi datori di lavoro (o anche viceversa :-).
Insomma mi viene in mente il caso di Ed McBain quando fu costretto a resuscitare il suo Steve Carella dell’87esimo distretto di polizia, che per lui era un personaggio come gli altri, esposto al realismo della serie, e invece i fan (e quindi i suoi datori di lavoro, per paura di subire cali di vendite) lo avevano “eletto” a protagonista, fraintendendo quindi quella idea di coralità che lui ricercava.
Spettatore di provincia says:
Settembre 26th, 2008 at 7:52
Un discorso assai condivisibile, il tuo, e molto vicino a quello che faceva Bachtin sulla differenza tra poesia e romanzo, secondo me. Non trovi?
(E in certo modo anche Pasolini nel saggio sul discorso indiretto libero parlava di autonomia dei personaggi nei confronti dello scrittore.)
Spettatore di provincia says:
Settembre 26th, 2008 at 7:54
ehi! mi hanno mangiato la prima e l’ultima riga!
Recitavano: Mode spocchiosetto on & Mode spocchiosetto off!
Giulia says:
Settembre 27th, 2008 at 10:15
Conosco poco entrambi, è tutto molto empirico 🙂
E’ una cosa che ho sperimentato in prima persona, e ne ho scoperto la “validità” solo confrontandomi con altra gente che scrive. Insomma, mi sono accorta da sola che i personaggi non andavano dove volevo io, ma dove volevano loro. Non farò mai la giallista, si è capito 😀
IL RAMO RUBATO says:
Settembre 28th, 2008 at 6:57
Sono uno sconosciutissimo “scrittore”, o pseudoscrittore-blogger. Lavoro al mio secondo libro, e non scrivo di professione. E mai lo farò. Però mi capita tantissime volte di ricevere mail di sconosciuto del tipo “Tu hai capito veramente chi sono io.”
Io ovviamente non posso sapere chi sia quella persona. Non l’ho mai vista quie ma che il lettore si immedesimi così bene nei personaggi dei miei racconti per me è il migliore dei complimenti. Cmnq non accetterei mai che qualcuno mi consigliasse un finale… 🙂 Forse sbagliando. ciao! a presto
renzo says:
Ottobre 13th, 2008 at 5:57
forse è difficile determinare il “migliore”. certo a chi scrive perchè, come me, sente di non poter lascuiar morire sensazioni, emozioni, pensieri, persone vissute nello spazio e nel tempo o semplicemente immaginate ma dover dare a loro il respiro del tempo, fa piacere sentirsi dire che il romanzo SI LEGGE CON PIACERE. Se poi qualcuno si identifica…l’importante e che se ne accorga solo lui o lei. In fondo lo scrittore di romanzi ha un’arma micidiale che va usata con estrema attenzione etica.