Spaced out
pubblicato da Giulia mercoledì, Ottobre 24, 2007 9:12Mi è venuta da un po’ questa voglia di andarmene in un posto largo. Un posto dove l’occhio possa vagare, fatto di superfici piane e movimenti rallentati, poca folla, e silenzio. Deve essere l’effetto collaterale della Grande Città, e della mancanza di depressurizzazione. Quando vivevo altrove, mi bastava la mezz’oretta di pausa pranzo sul molo, sguardo fisso verso l’orizzonte dell’Adriatico, per recuperare un po’ il fiato. Adesso, qui, non si può più fare. L’orizzonte non c’è, o meglio, per vederlo bisogna salire molto in alto, e Roma è un posto dove in alto ci vanno solo i turisti e i ricchi. L’orizzonte è per la gente con i soldi.
Dico tutto questo perché ieri sera sono stata a vedere Heima, il tour documentary dei Sigur Ròs. E per un’ora e mezza sono stata altrove, in un posto dove lo spazio è talmente importante da meritarsi una menzione particolare dagli stessi Sigur Ròs in una delle piccole interviste che punteggiano la sequenza di esibizioni e paesaggi e gente bellissima che si raduna portandosi i bambini, per vederli suonare.
L’Islanda, ho detto, l’Islanda: vabbè, ci fa freddo, più che una vacanza non ci potrei fare. A me il freddo non piace. E vedere le immagini di un tour estivo col maglione, mmm. (Mi si fa notare che era un tour autunnale. Ah, allora.) A proposito di maglione. A giudicare dal film, le donne islandesi sono tutte a) bellissime e b) vestite in maglione jacquard, pantaloni e stivali. Neanche una tetta al vento. E tutte con i figli al seguito. Veramente. Questi concerti dei Sigur Ròs pieni di ragazzini (tutti bellissimi) con le mamme e con i papà. Quindi, oh Cielo, c’è gente che si accoppia e si riproduce anche senza scosciare. Ho sempre sospettato che fosse possibile. Forse sarà perché loro hanno i laghi vulcanici: se il passatempo nazionale è immergersi tutti insieme in gigantesche Jacuzzi naturali, ti credo che poi figliano. Hanno l’aria così rilassata, gli islandesi di Heima. Gente abituata allo spazio.
Ah, poi, insomma, Heima: è bello. Soprattutto se ti piacciono moltissimo tre cose: i Sigur Ròs, i paesaggi, i bambini che trotterellano e gli animali. Praticamente un’ora e mezza di documentario del National Geographic con una colonna sonora da paura. E poi l’acustica del Teatro Studio all’Auditorium di Roma è talmente fantastica che mi veniva da applaudire fragorosamente dopo ogni canzone.
Alla fine sono arrivati i Sigur Ròs, e non so, forse è perché l’inglese non è la loro lingua, forse erano imbarazzati dal fatto di starsene in piedi davanti a una sala piena di gente, ma continuavano a rimbalzarsi il microfono e le domande con l’aria imbarazzata di un gruppo di adolescenti presi in contropiede da un’interrogazione. O forse sono solo gente che non è abituata a parlare, tout court. Gente che alle parola preferisce il suono. E lo spazio.