Caro Diario
pubblicato da Giulia mercoledì, Giugno 2, 2004 12:07Il primo l’ho inaugurato in quinta elementare. Me lo ricordo, aveva la copertina ruvida, con un’illustrazione di quelle romantiche tanto care a noi bambine nate negli anni ’70, credo fossero due fidanzatini in abiti rétro su una bicicletta, o qualcosa del genere. Aveva il lucchetto, e ne conservavo gelosamente la chiave, anche se la discrezione dei miei genitori è sempre stata ed è tuttora totale. I miei diari sono sparpagliati per casa loro da anni e nessuno ci ha mai messo le mani sopra. Quello che volevo era la sensazione di custodire un segreto, perché i segreti separano e rendono indipendenti dalle persone che abbiamo intorno. I segreti sono cose da adulti.
Da allora, sporadicamente, ad anni alterni e con assiduità altalenante, ho sempre continuato. Come tutti quelli che usano le parole per esprimere se stessi, l’ho utilizzato per fissare i miei continui monologhi interni, a volte per registrare sensazioni e momenti, a volte per sfogare rabbia e dolore, e spesso per fare il punto di situazioni ingarbugliate. Un libro mastro del processo di trial-and-error che è la crescita, anche quando in teoria saresti grande abbastanza da non dover crescere più.
L’ultimo l’ho inaugurato agli inizi di febbraio del 2003. È un diario bello, prezioso, dono di un’amica che vedo troppo poco. Un diario che nelle intenzioni di chi lo ha creato doveva essere un registro delle passioni segrete della diarista, ed è quindi infarcito di citazioni e aforismi di argomento sentimentale ed erotico. Un pochino kitsch, forse. Ma perfetto per diventare il registro delle mie turbolenze.
Perché in caso ci fossero dei dubbi, a trent’anni e oltre ci si può fingere monache Zen o gelide regine, ma se pasionaria eri pasionaria resti, e non c’è maturità che tenga. Quello che impari è che i segreti non sono solo cose da adulti, sono una componente importante della tua integrità. E che, anche e soprattutto se tieni un blog, ci sono cose che non hanno posto in uno spazio aperto al pubblico.
Incalcolabile è l’utilità del diario come memoria storica, antidoto alla coazione a ripetere e al pessimismo cosmico. Se ogni amore fallito o non corrisposto ti causa sensazioni da fine-del-mondo che puntualmente riporti sulla carta, basta una scorsa al numero di volte in cui ti sei sentita ferita a morte e sicura che non ti saresti mai ripresa.
A quel punto, carta canta, e prove alla mano puoi anche darti della cretina e proseguire.
Lo stesso vale per gli amori felici, facili da vivere ma difficili da registrare, perché le parole placano il dolore ma possono sciupare la gioia. Bisognerebbe provarci lo stesso, prendere appunti anche se saltuari. Ricordare anche il bene, oltre che il male. Ricordare che si è stati amati e che si è amato, e non una volta sola come vorrebbero le fiabe e la tradizione cinematografica, ma più volte e in modi diversi.
Tutto questo per dire che stamattina ho incollato una cosa dentro il mio, ci ho scritto due frasi sotto, e l’ho chiuso. E che non so quando lo riaprirò.
Al momento, le parole mi servono a poco.