Quello che i Bravi Giornalisti non dicono

pubblicato da Giulia sabato, Aprile 17, 2004 15:02
Aggiunto alla categoria Triste mondo malato
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E poi dicono che i blogger peccano di hybris e vogliono proporsi come alternativa al giornalismo. Meno male che ogni tanto di questi presuntuosi ce ne sono, e si prendono la briga di fare il lavoro che ai giornalisti di casa nostra viene impedito di fare.

Prima leggete questo post di Delio, già segnalato da Fabrizio su Macchianera.

Lo riprendo per due motivi. Il primo è che il post, in sé, è un pezzo di meticolosa indagine su fonti istituzionali che tira fuori dati interessanti senza far calare dall’alto giudizi di sorta, ognuno decida con la sua testa. Il secondo è che quello che ha fatto Delio – senza muoversi di casa, senza intervistare nessuno, solo facendo ricerche in rete – lo avrebbero dovuto fare i nostri giornalisti, che invece si sono concentrati sul “morire da italiano”, sullo “strazio dei parenti” e su Frattini da Bruno Vespa.

Nessuno che si sia preso la briga di verificare cose banali, banalissime, che però gettano una luce del tutto nuova sulla presenza degli italiani in Iraq. Che si possono riassumere in: missione di pace un beato cazzo.

Fabrizio Quattrocchi è morto, ed è morto in modo atroce. Non è morto perché era cattivo, o perché fosse particolarmente avido. Non sappiamo cosa volesse fare con quei diecimila euro al mese che avrebbe messo via se fosse sopravvissuto. Magari comprare una casa per sé e la fidanzata, in un paese dove crearsi una vita indipendente è sempre più difficile. Mi viene da pensare che abbia visto altri amici tornare incolumi dal Kosovo o dalla Bosnia, e che si sia detto, è una missione di pace, mi pagano bene, io sono forte, ce la posso fare. Che non abbia pensato alle implicazioni ideologiche, ma solo alle conseguenze pratiche. Che abbia pensato, bof, c’è più probabilità che mi tiri sotto un autobus.

E invece gli hanno messo una pallottola in testa e l’hanno buttato in una buca. Non credo se lo aspettasse.

È morto, ed è brutto che sia morto così, una morte di questo genere non se la meritano nemmeno i molto stronzi o seriamente malvagi. Prima di morire ha avuto la felice intuizione di dire la cosa giusta al momento giusto, facendo godere follemente la stampa, il Reparto Marketing delle imprese belliche e il nostro Governo, che si è subito agganciato a questi tre secondi di disperato eroismo per rilanciare l’amor patrio e i valori della nazione e dell’anticomunismo (vedi a proposito: retrospettiva totale sui film di Don Camillo e Peppone).

Se i nostri giornalisti dessero il giusto peso alle ultime parole di un ragazzo disperato, e altrettanto peso ai fatti raccolti da Delio, tutto questo lacrimare con le mani sul cuore e gli occhi alla bandiera si potrebbe trasformare in uno sguardo critico sulle decisioni prese dai nostri governanti negli ultimi tempi.

Chi ha voglia di smettere di credere alle favole, può fare come Delio e cominciare a documentarsi autonomamente.

Gli altri continuino pure a credere che tutto quello che fanno i governanti italiani, di qualsiasi colore politico, sia giusto bravo e bello.

Update: pare che si tratti di un caso di omonimia fra aziende, come dice lo stesso Delio.
Però nel frattempo anche Repubblica è arrivata sulla notizia.
Complimenti per il tempismo.
Il succo del mio post rimane: queste indagini vanno fatte comunque.

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