“Sento voci”

pubblicato da Giulia giovedì, Aprile 15, 2010 15:54
Aggiunto alla categoria Una che scrive
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Ora che siamo in fase di editing, forse posso cominciare a dire due cose due del libro nuovo, che esce (credo: la data non è confermata) a settembre. Che sia un libro per adolescenti l’avevo già detto qui, anche se la collocazione, in un certo senso, è arbitraria. Nel senso che una scrive una storia che è rilevante per un pubblico più giovane, ma la scrive perché le piace. Io questa storia l’ho scritta perché un giorno ero sul tapis roulant coperta di sudore e ascoltavo Save a Prayer e nell’allucinazione da sforzo ho visto i due protagonisti che si arrampicavano sul fianco di una collina sormontata da mulini a vento. Non quelli di Don Chisciotte, quelli bianchi che si usano per produrre energia elettrica.

Erano due che non avevo mai visto prima e neanche sapevo come si chiamassero, l’ho scoperto dopo.

Poi, come sempre succede, vai a guardare un po’ più da vicino e scopri che sono tre, no, quattro, no, sei. Ma fondamentalmente tre, più altri tre. Una diciassettenne precoce e riflessiva (con più debiti verso Daria Morgendorffer che Joey Potter), una sosia di Deborah Harry adolescente, vegetariana e incontenibile, la star della squadretta di calcio locale; il suo migliore amico e relativa fidanzata e Piermojito, che fino dal soprannome avrei dovuto capire che tipo era davvero. Più: un paese a impatto zero, una corriera, due o tre istituti scolastici confinanti, tre fra sorelle e fratelli maggiori iniquamente distribuiti per geografia e numero, genitori di varia natura, un garage con le brugole appese ai muri e un microfono appiccicato a una paletta per le immondizie.

Di come si combinano esattamente tutti questi elementi, magari, ne parliamo più avanti.

Quello che mi premeva farvi sapere è quanto io li ami, questi qui che ho seguito per due mesi circa della loro vita, tre della mia. Poi magari chi lo leggerà – con sprezzo delle categorie merceologiche che lo vorrebbero ristretto al solo pubblico dei giovanissimi – se ne accorgerà, che li ho amati molto, come del resto ho amato e amo tuttora i due protagonisti di Deadsexy. C’è una cosa che forse ho già detto, ma che ripeto spesso perché colpisce prima di tutto me. Ed è che a chi racconta storie succede spesso una cosa strana: i personaggi non smettono mai di esistere. Vanno avanti, in una dimensione parallela in cui hanno delle vite, crescono, invecchiano, a volte muoiono. Fanno figli, si sposano, ingrassano, rinunciano ai loro sogni o li realizzano, ne trovano di nuovi. Chiedetemi cosa è successo a Benni e Denise, io lo so. Ma lo so di quasi tutti i personaggi che ho creato – anche se il termine non è esatto – da metà degli anni ’90 in qua, quindi molto prima di mettermi a pubblicare libri. E quindi so esattamente anche cosa sta succedendo e succederà a questi qui che voi conoscerete solo a settembre. Quando lo dici a gente che scrive ma non fa narrativa (nel senso di romanzi, con dei personaggi, una trama, cose così) ti prende sempre un po’ per il culo, ma è esattamente così. E improvvisamente capisco quelli che fanno dieci libri con gli stessi personaggi: quando li ami in quel modo, non riesci proprio a lasciarli andare. Hanno tante di quelle cose da dirti, anche dopo l’ultima riga, che è difficile resistere alla tentazione di rimetterti in ascolto con le dita sulla tastiera.

Tutta ‘sta menata per dire che, secondo l’iTunes del Mac, fra le canzoni più ascoltate mentre scrivevo il libro (quindi anche ora, visto che l’editing conta) ci sono queste.

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