Gentilezza

pubblicato da Giulia mercoledì, Giugno 11, 2008 9:08
Aggiunto alla categoria Sono fatti miei, Triste mondo malato
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Ci sono sempre un sacco di cose importanti di cui scrivere. Probabilmente sono troppe, o probabilmente sono così tante che non riesco più a filtrarle e riordinarle. Attraverso serena il momento di sconforto da opinione personale: cui prodest che io sia in disaccordo con la Carfagna, con Brunetta, con Scajola? Che gliene frega, a loro e chi mi legge? A loro, niente. A chi mi legge, in buona percentuale, neppure. Ci si fa compagnia nel trovare la prima inconsistente, il secondo decorativo, il terzo pericoloso. Scambiate pure gli aggettivi a vostro piacimento.

Ieri in treno sono stata oggetto di un atto di gentilezza casuale: essendomi lamentata al telefono di non aver portato con me le cuffiette dell’iPod (e di non potermi quindi guardare gli arretrati di roba che vorrei guardare), un signore nella fila accanto me ne ha regalate un paio nuove. Nuove, mai aperte, perfette, funzionantissime. “Io ne ho altre” ha detto sorridendo, dopo aver sventrato la valigia per cercarle.

Da lì in poi, nemmeno il momento kafkiano alla Stazione Centrale – provate voi a farvi dare un rimborso autorizzato da Trenitalia con tanto di mail, se l’imbecille dall’altra parte del vetro si rifiuta anche solo di leggere il documento prodotto – ha potuto rovinare più di tanto una buona giornata. La gentilezza casuale è qualcosa di fantastico. Mi ha fatto venire voglia di restituirla, e non trovando altro modo ho giocato per cinque minuti con un ragazzino che dentro l’Ufficio Rimborsi si annoiava a morte. Lui era Naruto, io resistevo alla sua onda energetica e poi morivo. Il nonno del ragazzino ci guardava divertito, un po’ scusandolo (“Sono tutti quei Gormiti che gli regala papà”) un po’ contento che il piccolo avesse trovato qualcuno con cui stabilire delle regole d’ingaggio. Ho capito che ho fondamentalmente sei anni.

L’hanno detto un po’ tutti, che lo stato del paese – lo stato mentale e culturale del paese, prima che quello economico: che uno sia la conseguenza dell’altro è ancora da provare – fa venire voglia di concentrarsi sulle piccole cose. Ecco, io sono in quel posto lì, dove non sento i cinguettii di una che disconosce pubblicamente gli effetti civili del matrimonio perché lei è devota, non percepisco il terrore di centrali nucleari in un paese che non riesce nemmeno a smaltire i rifiuti delle sue prime colazioni, non vedo il capo del governo che si stende a pelle d’orso davanti al Papa (e meno male che doveva essere un governo più laico di quello Prodi…), non penso che si vuole costruire il ponte sullo Stretto prima di sistemare la Salerno-Reggio (perché i fondi per la Salerno-Reggio verranno usati per coprire il buco generato dall’Ici, lo sapevate?), non mi arrabbio perché si cerca di dipingere un’Italia razziata e distrutta dagli immigrati in un momento in cui il tasso di microcriminalità è il più basso degli ultimi trent’anni. Vedo, sento, registro, ma respingo l’indignazione, non ce la faccio più. Rimando. Mi sono arrabbiata abbastanza, non c’è molto da fare. Al momento voglio solo respirare, anche solo l’aria fumosa di Roma o Milano, abbracciare le persone e guardare Ugly Betty con le cuffiette regalatemi da un estraneo gentile.

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