Under pressure

pubblicato da Giulia mercoledì, Marzo 12, 2008 9:22
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Nei commenti al post precedente, Mike fa presente che pur di diminuire la pressione fiscale va benissimo chiunque, anche Berlusconi.

E’ un discorso che sento fare dal 1994, circa. Anno in cui non ero ancora titolare di una busta paga – lo sarei stata solo a partire dal 1999 – e tuttavia, da allora, sento ripetere identico ad ogni elezione. Nel frattempo, la pressione fiscale non è affatto scesa, o almeno, non per i lavoratori e gli individui. Sono stata collaboratrice coordinata e continuativa, collaboratrice a progetto, collaboratrice occasionale e titolare di partita IVA: e non ho visto una sostanziale differenza fra il regime fiscale del governo Berlusconi e quello del governo Prodi. Anzi, l’ultima volta che ricordo di aver visto il mio compenso netto sostanzialmente decurtato era proprio Berlusconi il capo della baracca.
C’è qualcosa che non mi torna.
Voler pagare meno tasse, allo stato attuale, mi pare abbia un senso. In assenza di servizi, il cittadino deve arrangiarsi: e per arrangiarsi ci vogliono soldi. Se non ci sono nidi e asili comunali, strutture sanitarie efficienti dove i tempi d’attesa per una visita non siano di mesi e un sistema di welfare affidabile che permetta alle persone di rimanere a galla anche durante i tempi morti di un mercato del lavoro a singhiozzo, è chiaro che servono più soldi in busta paga. Lasciamo perdere, per ora, il fatto che gli evasori sono principalmente i professionisti che questi problemi non li hanno (e non li hanno perché evadono). Concentriamoci sui conti della serva.

Un asilo nido quanto mi costa? Quattro, cinquecento euro al mese, se va bene. Pagherò mai di tasse quattrocento euro al mese in più? Difficile. Già quattrocento euro in più di tasse all’anno è una pressione intollerabile. Ma dovessi pure pagarli, quei quattrocento euro, sapendo che avrò un nido vicino casa dove lasciare la mia prole (non la mia nello specifico, ma quella di una famiglia-tipo di trentenni-tipo, che se non lavorano non campano), li pagherei più o meno volentieri? Perché fra quattrocento al mese e quattrocento all’anno passa una bella differenza.
Questo è solo uno dei tanti esempi che si possono fare di gestione del gettito fiscale. In alcuni paesi nordici, come ad esempio la Finlandia, la pressione fiscale è più alta che in Italia. Il pagamento delle tasse, tuttavia, non viene percepito come una vessazione. Semplicemente perché la società si prende cura dei suoi componenti: esiste una forma di serenità del vivere che certo, a noi abituati a fare i salti mortali può sembrare un po’ noiosa, ma non tutti sono nati per l’acrobazia. La maggioranza delle persone vuole una vita tranquilla-llallallà, senza l’ansia di non sapere da dove arriverà il prossimo piatto di spaghetti.

De-tassare le imprese non è sufficiente. Fa aumentare il PIL, certo: ma l’aumento del PIL non si traduce automaticamente in condizioni migliori per le persone. Significa solo che le imprese fatturano e guadagnano di più. L’aumento dei compensi dipende ancora solamente dall’iniziativa privata degli imprenditori: non esistono salari minimi per gli interinali e i collaboratori, che sono la maggioranza dei lavoratori giovani, e anche i dipendenti non se la passano particolarmente bene, se per ottenere adeguamenti devono regolarmente scendere in piazza e aprire lunghe vertenze.

E’ un discorso banale. Chiedere a gran voce la diminuzione della pressione fiscale significa solo validare un modello sociale di provata inefficienza, falsamente “snello”, in cui la maggioranza silenziosa degli individui vive nell’incertezza. E’ un modo di chiedere che le cose rimangano sempre uguali, perché la sproporzione fra il costo sociale dell’assenza di servizi e l’eventuale incremento della cifra contribuita da ognuno è immensa. Facciamo l’errore di pensare che saremo sempre giovani e sani, e che né noi né i nostri cari avremo mai bisogno della comunità che ci circonda per vivere bene. Soprattutto gli uomini, che possono contare sulle donne per la cura della casa, degli anziani, dei bambini, e quindi percepiscono in misura minore il peso di questa gravissima carenza.

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