Una rosa è una rosa è una rosa
pubblicato da Giulia domenica, Gennaio 15, 2006 12:37“Downloada”, c’è scritto.
Downloada.
Lo leggo due o tre volte, mi stropiccio gli occhi, giro pagina, torno indietro. E’ ancora lì. Non era un’allucinazione. Uno dei giornali musicali e di intrattenimento a più ampia tiratura in Italia usa questo termine per invitare i propri lettori a fare uso regolare dei sistemi peer-to-peer.
Downloada.
Le parole sono parole sono parole. Si usano per indicare concetti, e là dove la lingua di arrivo non prevede un termine equivalente è giusto è naturale che ne venga creato uno nuovo, prendendo a prestito e spesso naturalizzando il termine originale. Non esiste, converrete con me, un verbo autenticamente italiano per tradurre to click. Si è inventato “cliccare”: la lingua italiana è meno onomatopeica rispetto a quella inglese (vedasi alla voce yawn, “sbadigliare”, smash, “infrangere”, thump, “percuotere”, e via dicendo), e tuttavia, se il corrispettivo non esiste, ben venga la curiosa onomatopea che ci risparmia la fatica di una lunga perifrasi. Anche la parola blog, di per sé già frutto di un’evoluzione del lemma di partenza (web, “rete”, più log, “registro”), non è passibile di una traduzione semanticamente corretta. Il termine inglese include ogni forma in cui il concetto si declina. Del resto, la pizza è pizza in tutte le parti del mondo. Perfino il tiramisù, spogliato dell’accento, è diventato universale. E pazienza se l’Italia esporta cibo e l’America esporta tecnologia. Con la storia non c’è da discutere. E poi il cibo, a ben vedere, serve più della tecnologia: senza computer si vive, senza pappa no.
E non sono nemmeno una di quelle che al posto di goal dicono “rete!” Mi capita perfino, e colpevolmente, di dire weekend. E tuttavia guardo con terrore al lento serpeggiare all’interno della mia lingua d’origine di termini non necessari, mutuati da una cultura che non mi appartiene se non per associazione, che comprendo e tuttavia percepisco come estranei. Che con la complicità dei media (latino, maledizione, non inglese: media, non “midia”) stanno facendo strage di significanti e significati.
Al di là dell’orrido “downloadare” (così acerbo da essere impronunciabile, nell’idioma italico, da chiunque non abbia almeno un’infarinatura di inglese), le invasioni sono molteplici. Prendiamo la localizzazione italiana di iTunes: la directory (termine italiano inesistente: si prende a prestito, senza italianizzarlo, un termine inglese) detta library diventa, in italiano, “libreria”. Bene, bello, eufonico perfino: ma library si traduce, letteralmente, con “biblioteca”, e in ambito tecnologico assume tutta una serie di significati affini a quello originario. La libreria, in italiano, è il posto dove si vendono i libri.
Altro esempio, e questa volta la colpa è dei giornalisti musicali, ivi incluso quello con cui divido la cucina e il bagno. Il termine inglese attitude è diventato, nell’evoluzione della lingua inglese, praticamente intraducibile in italiano. Il corrispettivo originale, “atteggiamento”, non ha più le stesse connotazioni: non è quindi riassuntivo di tutte le qualità di sicurezza di sé, positività, forza e (in alcuni casi) arroganza del termine inglese. Che fanno quindi i nostri giornalisti? Pescano a caso il termine italiano che presenta la maggiore assonanza con attitude, vale a dire l’incolpevole “attitudine”. Il cui significato primario indica una specifica predisposizione, un’inclinazione a determinati comportamenti o azioni. Voila. E non si lavano neanche le mani dal sangue: vanno anzi a farsi un birrino con i ragazzini emo, corresponsabili del lemmicidio di “supportare”, perché “sostenere” era troppo italiano. Nei miei giorni peggiori, quelli che dicono “supportare la scena” li manderei a tenere su il palco del Teatro Eliseo.
Il punto non è il nazionalismo, concetto che non mi appartiene. Il punto è che la lingua è l’unica ricchezza di questo paese che Tremonti non possa, volendo, vendere ai giapponesi. Fanno già abbastanza danni i ragazzini convinti che risparmiando una vocale la loro comunicazione diventi più facile, snella e alla moda, e si danno un contegno ultramoderno sostituendo tutte le “c” con le “k”. E continuano, nonostante tutti i miei sforzi di adattamento, a sembrarmi degli analfabeti che non hanno mai aperto un libro in vita loro. La nostra lingua, così antica e stratificata, è passibile di invasioni: alcune pacifiche, altre meno. Posto che il Parlamento ha altro da fare che riunire commissioni di linguisti per decidere la traduzione e l’ortografia dei nuovi termini (come succede in Islanda, ad esempio; ma anche la Spagna nazionalizza tutto, e i jeans lì non esistono. Si chiamano vaqueros), e che i gallesi hanno un problema simile ma diverso (il gallese è una lingua conservatrice, per cui tutti i termini che indicano oggetti tecnologici sono mutuati dall’inglese), io a quelli che usano “downloadare” al posto del perfetto equivalente “scaricare” darei volentieri fuoco.
Davide says:
Gennaio 18th, 2006 at 8:29
io sono per l’italianizzazione del mondo. il centro dell’universo è tra roma e firenza, micca a nuova york o a gli angeli.
Giulia says:
Gennaio 18th, 2006 at 10:57
Quindi il centro del mondo è a Cerveteri, e non a Little Rock come tutti pensavano…
Dielle says:
Gennaio 20th, 2006 at 6:45
To Edit
v.tr.
1 curare, preparare (un testo per la stampa; un programma radiofonico o televisivo): edited by, a cura di
2 (inform.) redigere
3 dirigere (giornale, rivista ecc.); curare (una rubrica): edited by, sotto la direzione di.
garzanti
il mio babylon mi segnala anche :
revisionare, fare la revisione di, rivedere, compilare, annotare, commentare, montare, elaborare
credo che ci sia ampia scelta…
😉
gabri says:
Gennaio 24th, 2006 at 6:34
nn capisco cosa ci sia di male nell’invasione di parole estere (anglosassoni…)nel linguaggio comune italiano. le lingue sono in continua evoluzione, nn è mai esistito un italiano standard e nella storia i termini venivano passati alle altre culture da coloro che per primi li coniavano. al massimo ci possiamo lamentare per l’arretratezza italiana (quando nn europea…) nel campo delle nuove tecnologie. del resto anche l’italiano discende dal latino, tramite barbarizzazioni e influenze delle + varie. infine, che c’è di male negli adolescenti (me compreso..) che fanno largo uso di abbreviazioni? il linguaggio quando nn viene usato con significati particolari (commerciali, poetici…) ha la funzione di comunicare nel modo più snello e chiaro possibile un concetto. se scrivo in un sms “ka fai?stase c si bekka alle 6?” ho ottenuto il mio obiettivo. e questo nn vuol assolutamente dire che nn abbia mai letto un libro in vita mia, tutt’altro…(ma chi ha scritto il post quanti anni ha?nn fa uso di teconologie “moderne”?hai suoi tempi nn ha sentito persone più grandi e conservatrici scagliarsi contro il mondo in evoluzione, i costumi che cambiano, la lingua che viene deturpata?meditate gente meditate….)
Giulia says:
Gennaio 24th, 2006 at 6:38
Chi scrive il post ha 33 anni e molto rispetto per la sua lingua. E si sentirebbe alquanto ridicola, se scrivesse con le “k”, o omettendo una vocale da “non” per risparmiare non si capisce bene cosa. In questo modo non chiarisci un bel niente: perdi solo una vocale per strada. Non mi pare, oltretutto, che quando parli tu dica “nn”. Dici “non”. L’ortografia economica è solo un altro modo per abbassarsi all’americanizzazione dell’italiano. I’m a slave 4 U si può fare solo in inglese, perché si legge allo stesso modo. In italiano fa ridere.
Che non sia mai esistito un italiano standard è una scemenza. Ci sono manuali di grammatica, dizionari e fior di testi a dettagliare l’uso della lingua.
gabri says:
Gennaio 24th, 2006 at 7:14
per prima cosa ti voglio dire che nn (si continuo a usarlo) volevo essere in alcun modo offensivo con il mio messaggio, soprattutto quando ti ho chiesto l’eta. semplicemente questa forma di comunicazione mi impedisce di capire con chi mi sto confrontando..se con una mia coetanea, o una persona molto più grande di me. comunque, ti posso esprimere la mie esperienza personale se ti interessa, da quando ho imparato decentemente l’italiano ho avuto accesso a computer o telefonini, e quindi ho sviluppato un modo di comunicare che si addatta a queste tecnologie. se scrivo un sms, tengo conto della sua lunghezza per evitare di superare le 360 battute. se sto effettuando una chat con un amico tento di comunicare con un linguaggio veloce, che si adatta alla situazione. quindi naturalmente sono cresciuto abituandomi a scrivere così in questi contesti. e nn mi sento assolutamente un analfabeta per questo(anche se dalla schifezza che ho scritto nel post(o messaggio…)sopra nn si direbbe…)…
infine, la lingua italiana ritenuta standard credo sia più che altro una convenzione, liberi di pensarla diversamente, ma è un concetto che sento simile alla divisione in epoche storiche. se si dice che il medioevo finisce in un determinato anno, lo si fa per convenzione. del resto quello che era ritenuto l’italiano corretto un secolo fa è molto diverso da quello usato oggi, sia in forma scritta che orale. con questo ti saluto, e comunque ti assicuro che anch’io sono a mio modo un amante della lingua italiana…
Giulia says:
Gennaio 24th, 2006 at 11:11
Ecco, Gabri: il tuo secondo messaggio mi suona molto meglio. Le abbreviazioni mi indispongono un sacco: un po’ come quando qualcuno mi si rivolge in dialetto quando io gli parlo in italiano. Per questo poi sono sempre un po’ acida 🙂
Comunque l’italiano standard esiste, avevo un professore universitario che viveva essenzialmente studiando l’evoluzione della lingua, quello che era standard e quello che non lo era.
Baci!
Barman says:
Gennaio 25th, 2006 at 1:20
ma il webmasta cosa ne pensa?
Viola says:
Gennaio 28th, 2006 at 12:36
Bel post!!! (sì, lo so, arrivo in ritardo!) Ma post, lo posso dire?! Perchè, se è indubbiamente vero che facciamo un uso abnorme di parole straniere (in particolare di quelle anglofone), è altrettanto vero che alcune non possono essere tradotte se non con una locuzione, che magari non rende appieno l’idea del concetto che vogliamo esprimere. Quindi, aborro chi dice che fa l'”happyhour” (aperitivo, esiste come termine e va benissimo), ma “managment” è un concetto complesso che tradotto in italiano non rende e quindi è difficilmente sostituibile.
Capitolo a parte per gli SMS… ci sono alcune abreviazioni che mi fanno rabbrividire ma uso per mandare un unico messaggio invece che due (e spendere “solo” 0.15 eurocent.), però anche qua il discorso è complesso. Dire “vieni kon noi?” non comporta il vantaggio di prima e mi scatena l’istinto omicida, dire “qst” invece che “questo” ha un suo senso. Troppo prolissa?! Baci.
europeanson says:
Giugno 9th, 2006 at 9:39
Anche il linguaggio scientifico (o meglio: il linguaggio in uso nei laboratori di ricerca, in particolare quelli che si occupano di tecnologia e affini) è pieno di amenità del genere. Ricordo come rabbrividivo sentendo usare continuamente “sottomettere” al posto di sottoporre (da “to submit”…riferito ad un articolo, una tesi ecc.).
Se sottometto un articolo a un editore, cosa fece Cesare con i Britanni?