Scarpandibus

pubblicato da Giulia domenica, Aprile 17, 2005 17:10
Aggiunto alla categoria Sono fatti miei
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Il logo della TDK Dance Marathon era l’impronta della suola di una scarpa da ginnastica. Bella metafora di quello che si sarebbe dovuto fare nell’ambito della manifestazione, vale a dire percuotere il pavimento a ritmo di musica, preferibilmente elettronica.

La prima sera, con i Tarwater, i bpm sono talmente allentati che ballare sarebbe imbarazzante, e infatti stanno tutti fermi: i ragazzi vestiti normali e le ragazze vestite anni ’80. Continuo a non capire questa cosa di vestirsi anni ’80. Ma forse è perché mi riesce difficile accettare che da quando sono nata la moda ha già fatto due giri. Comunque. Non si balla, però si bevono dei cocktail economici: sette euro. Che a Milano è economico, perché il concetto di “caro”, nella capitale lombarda, ha significati nettamente diversi rispetto al resto d’Italia. All’esibizione di Tarwater fa seguito una trasferta allo stadio di San Siro, dove è in programma una festa con dj set. Al nostro arrivo, la festa è chiusa per eccessiva affluenza ed è arrivata la polizia in assetto antisommossa.

Al secondo giorno, la star della serata, Four Tet, � statp spostato all’inizio della scaletta. Ne vediamo quindi solo dieci minuti. Il luogo dove è programmato l’evento successivo – Apparat e T. Raumschmiere – si trova a casa di Dio, per cui vediamo solo metà di Jamie Liddel per poi spostarci dall’altra parte. Dove, dopo mezz’ora di un hip-hop pallosissimo suonato all’interno dello Spazio Piranesi (praticamente un mercato coperto con ancora i muletti parcheggiati vicino alle pareti), l’eccesso di affluenza fa sì che la gente fuori tenti di sfondare il cancello. Soluzione proposta dagli organizzatori? Spegnere la musica, accendere le luci e sperare che un po’ di gente se ne vada.
Dopo circa quaranta minuti, decidiamo di accontentarli. Appena siamo fuori dalla porta, la musica riprende. Imprecazioni collettive. Scopriamo più tardi che la serata è proseguita fino alle sei di mattina, ma che gli omini TDK, dopo aver domandato diverse volte ad Apparat di abbassare il volume (richiesta a cui il musicista ha sempre acconsentito) gli hanno staccato d’autorità un cavo. Apparat non era contento.

Terza sera: gli accrediti stampa sono stati revocati senza preavviso, e a dire la verità anche senza avviso, per cui ci sono diversi addetti ai lavori sprovvisti del biglietto per entrare a vedere gli LCD Soundsystem ai Magazzini Generali. Gli addetti ai lavori si comprano il biglietto. I loro accrediti (e anche le loro maledizioni) sono andati agli ospiti della TDK. Il concerto è di nuovo a casa di Dio rispetto al Museo della Scienza e della Tecnica, dove si svolge il set dei Prefuse73. Al termine bisogna quindi schizzare via a cercare parcheggio, accalcandosi con i brianzoli che tradizionalmente il sabato calano su Milano, snobbati in massa dal modellame che frequenta gli stessi luoghi nei giorni feriali. Arriviamo quindi a concerto iniziato. Thank God for James Murphy, che fa non poco per fermare il moto rotatorio delle gonadi collettive, o quantomeno per trasferire la rotazione dalle balle alle chiappe.

Ricapitolando: cambiamenti di scaletta all’ultimo minuto, eventi inaccessibili causa sovraffollamento, esibizioni a orari sovrapposti o consecutivi collocate in punti distantissimi della città, code interminabili, sgarberia con gli artisti. Però ci hanno regalato una maglietta e una sacchetta con la scarpa. Ce la teniamo come memento per l’anno prossimo, direi.

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