L’arte imita la vita

pubblicato da Giulia giovedì, Aprile 22, 2004 12:00
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Il suo nome d’arte è Seymore Butts (anglofoni: leggetelo ad alta voce con la pronuncia esatta per cogliere l’allegro gioco di parole), il nome vero è Adam Glasser, ed è uno dei più popolari produttori di pornografia ad alto consumo. Ha appena annunciato (in un’intervista pubblicata dal solito Salon) che in seguito all’ennesima possibile epidemia di contagi da HIV nel mondo del porno, da ora in poi gli attori dei suoi film useranno i preservativi.

Seymore Butts è uno di quelli simpatici a pelle. Nelle interviste che rilascia, parla dei suoi attori e delle sue attrici con serietà totale, li chiama “talent“, e deplora l’assenza di un sindacato dei porno-performer.

Al contrario di Larry Flynt, non cerca giustificazioni pseudo-filosofiche e morali al suo lavoro, non si occupa della liberazione sessuale della gente, non predica e non battaglia. Il suo lavoro è produrre pornografia come il lavoro di altra gente è produrre cuscinetti a sfera; e il suo rapporto con la gente che lavora per lui è praticamente lo stesso che potrebbe avere il proprietario di una fabbrica con i suoi operai. Se non addirittura più rispettoso e scrupoloso nella salvaguardia della salute dei suoi dipendenti.

Introdurre l’uso dei preservativi nei film porno è più complicato e rischioso di quanto possa sembrare. Il porno si muove nel regno della fantasia, dove le donne sono tutte gnocche e disponibili a fare qualsiasi cosa in qualsiasi momento, non hanno mai le mestruazioni, mal di testa, mal di pancia e smagliature sulle cosce da nascondere con la mezza luce, mentre gli uomini sono tutti ben calibrati, superpotenti, affidabili e performanti. Nel porno non ci si ferma mai, non scappa da ridere, nessuno ha peli in zone poco attraenti, nessuno dice la cosa giusta al momento sbagliato o viceversa, tutte le posizioni riescono al primo colpo, tutti godono un sacco, e nessuno, finora, ha mai dovuto lottare con un preservativo che a) non si trova (“Cazzo, erano qua nel cassetto, dove sono finiti?” “Ecco, li hai spostati, lo sapevo che mi tradisci”) b) non si riesce a infilare (“Ma da che parte si srotola?” “Ah, se non lo sai tu…”) e c) interrompe considerevolmente il flusso degli eventi e a volte causa inconvenienti di tipo idraulico (“Oh-oh.” “Cosa?” “Eh… ehm.” “Oh… oh, vabbè, non importa.” “Dici così solo per non farmi sentire una merda.” “Ma no, dico sul serio.” ecc.)

L’avvento del preservativo nei film pornografici potrebbe portare a una piccola rivoluzione, suggerendo nuovi modi creativi di infilare l’antiestetico gommino con la massima disinvoltura possibile. Potrebbe anche rendere la pornografia più simile al sesso nella vita reale, il che non è necessariamente un male. Come non sarebbe un male se la cosa venisse recepita anche a livello di iconografia hollywoodiana, che anche lì, esiste veramente qualcuno che fa sesso in quel modo fluido e rapito, in scenari perfetti, con completa partecipazione, soprattutto la prima volta? Le prime volte dei film sono quasi sempre romanticissime e riuscitissime e sottolineate da gran violini in crescendo.

Quando nella vita reale è più facile che ti capiti di scopare male, con sottofondo di Radio Deejay, i preservativi sbagliati (troppo piccoli o troppo larghi, e nel secondo caso TRAGEDIA E DEPRESSIONE), troppa luce o troppo poca, i vicini che picchiano sulle pareti, qualcuno che trapana il muro al piano di sotto, e a volte un bambino che non si deve svegliare, nella stanza accanto.

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