Tornata.
Mi sono appena strafogata di muesli, perché l’Eurostar era in ritardo di 23 minuti (ba.star.di!!!!) Ho una reazione allergica a chissà cosa cazzo in faccia, sono stanchissima, ma ho pensato di buttare giù due cosette sul weeeknd appena trascorso.
Partita sabato mattina col canto degli uccellini e atterrata a Milano in una caldana mostruosa e del tutto prevedibile. Io e la mia minigonna, che ho pensato di portare a visitare la capitale della Padania. Ale viene a recuperarmi alla stazione, per prtarmi al B&B di via Soperga, dove Lorenzo e Davide fanno eroicamente la sauna, come si può vedere dall’immagine:
Il programma è di fare una scappata al Telefilm Festival nel pomeriggio, poi la sera c’è il release party dei Minnie’s al Bulk. Se mi sento ancora ripetere che il concerto delle Uhu’s è stato una figata, urlo. Lo so lo so lo so! Sono contentissima di essere qui. Non ti rendi conto di quanto sia isolante vivere soli finché non ti trovi in un appartamento con altre tre persone.
Sara sta traslocando a Parigi, per cui viene a pranzo (ciao Sarina, sei arrivata?), ma più tardi Ale viene sequestrato per caricare il furgone che porterà le sue cose nella Terra di Asterix. (“È stato come giocare a Tetris” dirà Ale in proposito, più tardi). Lorenzo e io cerchiamo di andarcene a vedere Alias in versione originale al cinema Arcobaleno, ma ovviamente la puntata che dovevano proiettare è stata sostituita con una già vista, e dati i prezzi da appassionati, decidiamo di lasciar perdere.
Sono le dieci e mezza quando ci muoviamo per andare al Bulk. Già sul tram, le micidiali zanzare-Apache di Milano mandano in avanscoperta il sommelier, che mi assaggia, e decide che sono di loro gusto. Da quel momento in poi, mi trasformo in un’emoteca ambulante.
Ovviamente sono fuori taglia di dieci centimetri e del tutto fuori dall’abbigliamento regolamentare della ragazza emo. Bòn, non sono una ragazza emo, ma insomma. Non è che una si improvvisi ragazza emo. Però sono simpatiche, le ragazze emo; o forse qui le ragazze sono simpatiche tout-court.
(Conversazione di dieci minuti sulle taglia delle rispettive tette.)
Nel frattempo i Minnies’ suonano, e all’interno del Bulk si scatena un baccanale: per festeggiare l’uscita di Un’estate al freddo, dentro il locale è stata installata una piscina gonfiabile, dove prima o poi finiscono quasi tutte le ragazze, emo o non emo, con l’eccezione della sottoscritta che nessuno conosce (whew) e di un po’ di ragazzi. Pistolettate ad acqua e delirio totale.
Mi becco un favoloso cazziatone da Ale riguardo alla mia inerzia. Ha ragione. Ci rimango malissimo. Però ha ragione. Cazzeggio troppo e non faccio quello che dovrei. La vita di provincia mi sta inghiottendo, ma questo non è un alibi.
Comincia a tirare un’arietta non proprio caldissima, la birra mi fa l’effetto prevedibile della birra (pipì drammatica anche per una con la mia autonomia di volo), ed è già l’una e mezza.
Scrocchiamo un passaggio e torniamo a casa.
Dormo più o meno sei ore, che non è male considerato che Ale russa che sembra la partenza del GP di Imola (dormo sotto il soppalco del suo letto). Alle otto vengo svegliata dalla luce e dal concerto per adenoidi che proviene da sopra la mia testa, ma alla fine sei ore non sono male. Vado a lavarmi e a vestirmi, poi mi rimetto sul letto per leggere un po’. Davide si è alzato ed è uscito, Lorenzo dorme a stella sul letto, beato lui.
Colazione con Ale, sai che hai ragione Ale, sono pigra e cazzona. Poi faccio l’errore di dire che non riesco ad ascoltare i gruppi che cantano in inglese farlocco. Segue ora di diatriba sul tema della scomposizione del concetto di concerto e di gruppo.
Mezzogiorno e mezzo, pranzo con Fabio al Pastarito. Prima volta che ci vediamo in sette mesi che ci parliamo. All’inizio siamo un po’ rigidi, poi la conversazione si scioglie e ci raccontiamo un po’ le nostre cose. Alle tre mi riconsegna in via Soperga perché deve andare a lavorare.
Arriva l’ora di partire.
Calci in culo, mi ci vogliono, altro che gite. L’ho già fatto quando sono andata a Roma, in marzo: sto due giorni con persone che amano quello che fanno, e mi ricarico, poi torno a casa e perdo la spinta. Nessuno può far uscire quel libro al posto mio.
Però adesso è ora di dormire.