Ofelé fa’ el to mesté
pubblicato da Giulia sabato, Agosto 7, 2010 11:42Ieri sera sono stata a vedere Toy Story 3, massacrandomi la faccia con gli odiosi occhialetti 3D. Leviamo subito di torno una questione: questo film non vale i nove euro della tridimensionalità. Non perché non sia un bel film, o un film spassoso, ma perché il 3D è del tutto inutile per raccontare questa storia (e, si potrebbe dire, pure le altre; ma è un’opinione personale, e no, Avatar non l’ho visto). Toy Story 3, come gli altri due, non ha alcun bisogno di una dimensione aggiunta: è una storia che funziona perfettamente, e i personaggi non hanno bisogno di avvicinarsi in senso fisico allo spettatore per essergli più vicini in senso emotivo.
Detto questo, Toy Story 3 in italiano sarebbe un film molto migliore se i distributori nostrani rinunciassero una volta per tutte all’orrenda fissazione per i doppiatori-che-non-sono-doppiatori, le star abituate a far altro che prestano la loro inconfondibile voce ai personaggi per far sì che gli adulti dicano “Oh, che bravo Frizzi quando fa Woody!” oppure “Ah, ma che simpatico Faletti che fa il clown triste!” Faletti, sì, Faletti: che da come presta la voce (e le inflessioni dialettali) al tetro Chuckles non diresti mai che una volta ha fatto pure l’attore. A metà di un monologo fondamentale per la costruzione del pathos narrativo, lo spettatore è funestato da visioni di Suor Daliso e Testimone di Bagnacavallo.
E Faletti non è neanche il peggiore. Il momento più irritante, più maledetto-doppiaggio della pellicola arriva quando un altro dei personaggi minori incontrati da Woody apre bocca per la prima volta, e ne esce… la voce di Gerry Scotti. Questo parla, e tu pensi: “Riso Scottiiiii!” oppure “La accendiamo?”, e maledici i distributori italiani fino alla settima generazione. Scotti, pur evitando il piattume di Faletti, disturba per la sua stessa riconoscibilità: esattamente la caratteristica ricercata dai geni del marketing che da anni ci propinano doppiaggi fatti da Francesco Facchinetti et similia.
Intendiamoci, capisco benissimo che un film come Toy Story 3 sia difficile da commercializzare con i sottotitoli, essendo un film diretto principalmente ai bambini (anche se moltissime gag visive sono comprensibili solo al pubblico adulto). Ma se pensiamo che Woody nella versione originale è doppiato da Tom Hanks, Buzz Lightyear da Tim Allen e Jessie da Joan Cusack, proprio perché in America il doppiaggio non esiste, ti viene da domandarti perché non si lasci che ognuno faccia il lavoro che è in grado di fare: i conduttori i conduttori, i doppiatori i doppiatori e i giallisti con l’accento piemontese, mi avete capita.
Andrea Beggi says:
Agosto 7th, 2010 at 1:27
Una lodevole eccezione: Tiziano Ferro che doppia il pesce Oscar in Shak Tale. E’ davvero bravo, secondo me.
marchino says:
Agosto 7th, 2010 at 2:45
sorvoliamo su Shark Tale che i miei bambini non son arrivati in fondo a vederlo -facchinetti ha una voce che è quasi peggio di quel meschinetto che ha doppiato Christian Bale nell’ultimo Batman-, concordo sull’inutilità di coinvolgere il signore dei risotti -sarà mica che Scotti a Pavia abbia pensato di tirar su qualche altro cliente con questi mezzucci?- e Faletti, beh, che dire, gli manca di far l’architetto, poi può anche candidarsi a papa dopo Benny 16°.
Il film è veramente bello, il finale è commovente e il treddì potevano anche risparmiarselo (e, sì, io Avatar l’ho visto e l’avrei apprezzato anche in bidimensionale, ‘sta storia degli occhialini comincia un po’ a scocciare, vedi ben che stan tendando di propinarci pure le televisioni, spero proprio che nessuno abbocchi e le compri.
Auro says:
Agosto 7th, 2010 at 6:40
Io sarò un’eccezione, ma a me fatto salvo che avevo fatto training autogeno per stare serena rispetto al doppiaggio, non mi hanno dato fastidio, anzi, non ci ho proprio pensato, ho visto il film non preoccupandomi di chi era chi, mi è piaciuto e ho pensato che era fatto così bene che anche doppiato da un sintetizzatore mi sarebbe piaciuto. ci sono dei doppiatori di mestiere che risultano molto più fastidiosi perchè il film fa schifo e/o perché non sanno fare il loro mestiere, che fare una cosa non significa per forza saperlo fare bene 🙂 baci, aurora
JkL says:
Agosto 7th, 2010 at 6:54
Giulia mi fai sempre fare delle grandi risate, amare, ma pur sempre risate 😛 e sinceramente come darti torto, Gerry Scotti era decisamente fuori luogo, forse la stonatura maggiore, anche io come te da un momento all’altro mi aspettavo un “la accendiamo” …per non parlare della forzatura del 3D, il Cameronpensiero che ha imposto alle sale cinematografiche una tecnologia dispendiosa e quasi mai utile, come la mania dei suv a Roma o come la necessità di possedere per forza un iPhone (…) fa tutto parte dello stesso vortice trita soldi credo. Il bello, anzi il brutto, è che adesso ci propinano la stessa manfrina per i televisori di casa… ma non ci avranno!! 😉 Per quel che mi riguarda toy story 3 l’ho visto in 2d e me ne vanto e a giudicare da quanto leggo ho fatto bene!!!
Marcello says:
Agosto 9th, 2010 at 10:33
Se in Italia tutti (non solo nel cinema), facessero quello che sono bravi a fare, staremmo sicuramente meglio… inoltre non si capisce perché spesso, soprattutto nel mondo dello spettacolo, si permette a taluni di fare più cose, spesso non sapendone fare decentemente manco una: i cantautori che si mettono a scrivere, gli attori che cantano, i presentatori che recitano…
Maria Carla says:
Agosto 17th, 2010 at 11:00
Il far doppiare a star del cinema dei film l’hanno inventato gli americani, e lì i personaggi li caratterizzano in parte sull’attore in carne ed ossa. Qua da noi invece si prende solo il lato commerciale di promuovere il film attraverso qualcuno che doppiatore non è, e magari neanche attore. Che poi anche i doppiatori da noi son sempre i soliti 4, pure lì una mafia…
Marcello says:
Agosto 18th, 2010 at 10:38
Più che una mafia, è la solita riproposizione della ‘saga famigliare’: se guardi gli elenchi dei doppiatori, tutti lo stesso cognome, come una tradizione di famiglia, il figlio del doppiatore fa il doppiatore… piuttosto parlerei delle cosiddette ‘scuole di doppiaggio’ organizzate da alcuni per rinfoltire i guadagni e che poi portano a poco… in effetti la maggioranza dei doppiatori comincia addirittura da ragazzino, coi cartoni animati… l’accesso credo sia moooolto difficile….
Andrea says:
Agosto 28th, 2010 at 9:31
…ehm, scusi Blasi, ho letto le regole della casa e ho appreso che gli errori d’ortografia sono suscettibili di provocare in lei reazioni scomposte quanto gerontocide… anch’io soffro della stessa patologia, allargata ai dialetti o quantomeno al mio, che è pure in via d’estinzione: el milanès. Mi permetta pertanto di correggere il titolo del suo post, così come l’avrebbe voluto il Carletto Porta (sì, con l’articolo, che qua funziona così): “Offellèe fa’ ‘l to mestèe”. Ecco, ho fatto. Mi scuso per l’irruzione spero non eccessivamente pedante, è vero…
Giulia says:
Agosto 29th, 2010 at 12:14
Apprezzo. Ma non mi chieda di cambiare il titolo ora, la scongiuro. Terrò presente per il futuro, giurin giuretta.
Andrea says:
Agosto 30th, 2010 at 9:29
Così sia. Se no ghel dìsi al Trota…
Giulia says:
Settembre 1st, 2010 at 1:29
Elamadonna.
Andrea says:
Settembre 1st, 2010 at 4:12
Scherzavo. hehehehehehehehe!
Giulia says:
Settembre 1st, 2010 at 4:26
E io citavo Pozzetto 😛
Andrea says:
Settembre 4th, 2010 at 10:18
Ah! ma allora ci volevano più “oooo(nna)!” che fa Blasi, cripta? ☺
marco says:
Settembre 26th, 2010 at 6:26
Il 3D non dà niente ad un bel film, e Toy Story 3 è un gran bel film. Fa ridere, commuovere, ridere ancora, e parla di giocattoli. La scomodità degli occhiali, l’imperfezione delle scene veloci, il fatto che basta la fantasia a colmare le lacune (pensa ai film in bianco e nero) rende questa moda per ora solo una questione di marketing. Concordo pienamente sull’inutilità, anzi sul danno che le voci riconoscibili fanno a questi film. Se pensi a quanto lavoro c’è dietro, sentire un doppiaggio sciatto e distraente è un peccato.
E comunque hai ragione, ad ognuno il suo mestiere, non che Faletti sia uno scrittore, comunque, anche se vende TIR di, chiamiamoli così, romanzi.