Della permanenza
pubblicato da Giulia martedì, Gennaio 8, 2008 19:40Trovo sempre un po’ inquietanti le persone che, poste di fronte a un problema (anche grave, anche enorme) reagiscono con “Ma è sempre stato così!” Come se la costanza nel tempo di un problema qualsiasi fosse di per sé prova della sua necessità, che dico, della sua immanenza nella società contemporanea. E’ una filosofia della rassegnazione applicabile ad ogni cosa, anche a problemi che – andando indietro nel tempo – non sono sempre esistiti, o sono esistiti in forma diversa.
La guerra fra i sessi e l’oppressione del genere femminile, ad esempio. Non c’è “sempre stata”. L’abitudine di trattare le donne alla stregua di oggetti o capi di bestiame si è consolidata quando abbiamo smesso di essere cacciatori-raccoglitori (modalità nella quale il maschio era spendibile, in quanto in ogni momento poteva essere rullato da un cinghiale) a stanziali (modalità nella quale il maschio, proprietario della casa, era anche proprietario delle donne che essa conteneva, e di eventuali servi che pagava per farsi rullare dai cinghiali). Questo passaggio ha segnato l’invenzione della pudicizia femminile, necessaria a far sì che tutti i figli prodotti all’interno della dimora fossero D.o.c. Cosa peraltro difficile da provare, dato che il test del DNA l’hanno inventato poi, mentre i guardiacaccia c’erano da prima.
Dal che si evince che anche la famosa famiglia “naturale” è un’idea ben posteriore alla nascita dell’uomo, ché la natura (o Dio, per chi ci crede) non ci ha fatti con la casetta sulle spalle, ma nudi, pelosi e inclini a menar mazzate per procurarci il cibo. Se accettiamo che la famiglia “naturale” sia in realtà un’invenzione di quella che noi chiamiamo civilizzazione, dobbiamo anche accettare l’idea che lo stato “naturale” della società non sia quello di piccoli nuclei isolati di persone abbandonate a se stesse, ma quello di grandi tribù in cui tutti si prendono cura di tutti, tutti sfamano tutti e tutti allevano i piccoli di tutti. E non ci sono suore, preti o altre categorie umane esentate dal sesso e dalla eventuale riproduzione.
La prostituzione, per dire, sarà pure “il mestiere più antico del mondo” (sfido chiunque a provarmi che sia antecedente al mestiere di cacciatore di cinghiali, eh), ma come dire: non è che sia sempre un bel mestiere. Anzi, lo è in una quantità piuttosto ridotta di casi. Belle de Jour paragona la prostituzione alla performance art: qualcosa che lei fa non con lo spirito della sottomissione, ma con lo scrupolo e la precisione dell’artista. Difficile rintracciare la stessa vocazione nelle minorenni albanesi esposte sulla Salaria: che infatti non dovrebbero stare lì, perché le bambine devono andare a scuola, studiare, essere protette dalla società, non obbligate ad allargare le cosce a comando per uomini emotivamente ritardati. Eppure ci sono quelli che – siccome la prostituzione è “sempre esistita” – piuttosto che limitare la portata del fenomeno intervenendo con l’educazione per le nuove generazioni e la repressione per le vecchie, preferiscono creare degli appositi ghetti in cui le bambine possano continuare a spacciarsi per diciottenni e ad allargare le cosce a comando. Perché “si sa” che gli uomini sono così (e le donne cosà, ne consegue), sono “sempre stati così”.
Anche la mafia, che a noi sembra eterna, è un’invenzione relativamente recente. Certo, la criminalità esiste dal giorno in cui Ugh spaccò la testa a Gu per ciulargli l’ultima coscia di cinghiale in un inverno particolarmente rigido, ma un sistema malavitoso così ramificato e complesso da essere Stato nello Stato, economia nell’economia, quello non esiste da sempre. Solo il vuoto dell’Universo è eterno, e forse neanche quello.
Il vuoto dell’universo, e l’immondizia di Napoli.
(via Wittgenstein)